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Nip/Tuck sbarca su Prime Video: la spietata serie sulla chirurgia non è invecchiata di un giorno

Nip/Tuck è la serie cult dei primi anni Duemila che racconta il mondo della chirurgia estetica in toni torbidi e spietati. Finalmente disponibile per intero su Prime Video, ode al primo capolavoro di Ryan Murphy.
A cura di Grazia Sambruna
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Make me beautiful”. Queste tre semplici parole riporteranno alla memoria di molti trentenni, la seducente melodia che era anche sigla di Nip/Tuck, serie tv mandata in onda da Italia 1 nei primi Duemila. In seconda serata, alle volte terzissima, e col bollino rosso. Aveva, con merito, il fascino proibito di qualcosa che c'era, sì, ma che non poteva essere visto.

Nip/Tuck, sei stagioni in totale, uscite dal 2003 al 2010 è ancora un insuperabile cult. Dal primo luglio disponibile per intero su Prime Video, a portata di binge. E non si tratta di un cult solo per i nostalgici dei “piccoli brividi”. Anche perché non è, non propriamente, un horror. Protagonisti, i chirurghi plastici Christian Troy e Sean McNamara che nel loro studio esaudiscono qualunque desiderio di bellezza dei clienti, non importa quanto strambo o moralmente discutibile. Ogni episodio parte con un “caso”, stessa struttura di quello che poi sarebbe stato Doctor House, ma qui non si salvano vite: si “salvano” facce, tette, lati b, orecchie, vagine, nasi. Gli interventi sono mostrati in ogni loro sanguinolento dettaglio con sottofondo di musica catchy-pop. Mentre le vite private dei due medici sono tutto fuorché rassicuranti, in costante implosione. Nip/Tuck è storia della tv.

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Letteralmente “Taglia e Cuci”, si tratta di una serie che va vista per il piacere di riguardarla e scoprirla non invecchiata nemmeno di un giorno. Alla base di tutto, il rapporto tra i due dottori, nonché soci, protagonisti. Tra la co-dipendenza e l’odio fratricida, sono il diavolo e l’acqua santa: Christian Troy, l’attore Julian McMahon, ha il classico aspetto da belloccio da telenovelas ed è quello che oggi definiremmo un "narcisista patologico” senza scampo. Playboy per vocazione, punta solo a collezionare donne bellissime salvo poi dimenticarsene il mattino dopo. Se “bellissime” non sono, nessun problema: basta mettere alla sciagurata un sacchetto in testa e procedere con l’amplesso. Davvero? Sì. McNamara, invece, ha una famiglia perennemente sull’orlo di tante crisi di nervi, tra la moglie insoddisfatta cronica e due figli, di cui il più grande, Matt, adolescente all’inizio della serie, inquietante oltre misura. E talmente sciroccato da dare certezza che pure in una gara contro se stesso arriverebbe tragicomicamente secondo.

Menzione d’onore allo showrunner Ryan Murphy, creatore di questa meraviglia a metà strada tra il più spietato cinismo e la parodia dei “tempi moderni". Ovverosia la stessa mente geniale da cui poi sarebbero nati progetti completamente diversi ma di successo mondiale pari se non addirittura superiore. Un paio di titoli? Facciamo tre: Glee, la saga di American Horror Story e Dahmer. Cosa rende Nip/Tuck imperdibile anche dopo 20 anni dalla prima messa in onda? Basta (ri)dare un occhio al pilot per rendersene immediatamente conto: la serie è un’esplosione di creatività, spesso delirante, che alla fine non risulta mai raffazzonata.

Ryan Murphy con Julian McMahon e Dylan Walsh
Ryan Murphy con Julian McMahon e Dylan Walsh

Anche se in un episodio “standard” vediamo accadere ciò che di solito, oggi come oggi, capita nel corso di almeno due stagioni. Vuole scioccare, ci riesce puntualmente più volte, non lascia mai tranquilli. Nulla è abbandonato al caso: tutti i nodi tornano al pettine e, in genere, nel peggior modo inimmaginabile. Forse l’unica serie che sia riuscita a provocare nello spettatore una simile sensazione di straniamento e dipendenza è stata Black Mirror, agli albori delle prime stagioni. Il ritmo di Nip/Tuck resta invariato per tutti e sei i capitoli che vanno a comporre la serie, inabissando chi guarda in un mondo sempre più superficiale, orrendo, feroce ma esteticamente perfetto, bellissimo.

Nip/Tuck è stata anche tra le prime serie a mandare in onda, con cognizione di causa, tematiche che ora siamo abituati a vedere anche in tv ma che per i tempi erano avanguardia pura, fantscientifica. Già nella prima stagione, uno dei personaggi più riusciti ed emozionanti è Sophia, padre transgender alle prese col suo percorso di transizione in un periodo storico in cui nessuno, a parte qualche spietato chirurgo “macellaio” e farabutto, avrebbe accolto questa esigenza di cambiamento senza considerarla una mattata da povero scherzo della natura.

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Poi triangoli amorosi, droga, scene di sesso sempre più estreme e surreali (altro che Game of Thrones!), nessuna morale. Nip/Tuck è una serie che fa stare scomodi, col fiato sospeso per tutto il tempo e che ancora oggi, nell’epoca in cui siamo invasi da decine di titoli che escono quotidianamente, ci sorprenderà a saltare sulla sedia per colpi di scena al cardiopalma totalmente inaspettati. Con picchi “trash” inarrivibili e inarrivati, vale anche come il più grande spot anti-chirurgia estetica che sia mai stato messo su schermo.

Drammatica, esasperata e al tempo stesso pirotecnica, se Nip/Tuck fosse una canzone sarebbe Let’s Get Loud di Jennifer Lopez. Pop, forte e chiara. Vent’anni dopo la prima messa in onda, resta un capolavoro di spietatezza e insegna ancora oggi come si scrive una storia destinata a rimanere, a scioccare per sempre. Sarebbe troppo scandalosa perfino nel 2033. E invece, è uscita a inizio secolo. Lasciatevi tentare.

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Sto scrivendo. Perennemente in attesa che il sollevamento di questioni venga riconosciuto come disciplina olimpica.
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