Lo sappiamo già da metà luglio che Netflix ha scelto Microsoft per la raccolta pubblicitaria e come partner per lanciare il nuovo piano “economico” – ovvero con gli sponsor – a partire dalla fine dell’anno. Il colosso dello streaming ha trovato nella storica società fondata da Bill Gates tutto quello che serve per costruire una nuova offerta – come si dice in gergo – che sia ‘ad-supported’. L’offerta, secondo le prime stime, dovrebbe essere di quelle che fanno gola al consumatore medio: un profilo che costerebbe meno di 6-7 euro al mese, che di contro avrebbe però i contenuti imbottiti di pubblicità.
In che modo la pubblicità entrerebbe nei contenuti Netflix? Tra le ipotesi, si partirebbe già dalla piattaforma. All’ingresso e durante la scelta dei contenuti, una serie di banner pubblicitari in alto e in basso suggerirebbero all’utente cosa comprare, anche sulla base dei propri interessi. Una serie tv dovrebbe contenere almeno due mini spot compresi tra i 15 e i 30 secondi. Nulla di diverso da Youtube. Uno all’inizio e uno a metà episodio. Di conseguenza, un film dovrebbe contenerne, a seconda della sua durata, almeno tre di mini spot. Proprio come Youtube, e come qualsiasi pre-roll esistente, gli spot dovrebbero essere ‘skippabili’ solo dopo un certo numero di secondi.
Sorge spontanea una domanda. La piattaforma dalla grande “N” rossa non ha mai condiviso i suoi numeri. Ora che però si apre alle concessionarie, ora che ha bisogno della raccolta pubblicitaria, è probabilmente arrivato il momento di condividere quelli che – un po' da ‘boomer' – noi chiamiamo ancora con una parola molto semplice: gli ascolti. I numeri che si trova a fare una serie tv, un film, una miniserie, qualunque sia il contenuto non ha importanza, a questo punto andrebbero resi pubblici in qualche modo. Per trasparenza, certo, ma anche per assolvere alle regole del libero mercato. Sarà inevitabile e, in un modo o nell’altro, accadrà: la prossima stagione potrebbe essere quella degli ‘ascolti’ ufficiali dello streaming.