Miriam Dalmazio, Nina di Studio Battaglia: “Questa serie regala due ore di vera spensieratezza”
È appena uscita da una lezione di yoga quando la chiamiamo: "Sono molto rilassata". A questo si aggiunge il successo di Studio Battaglia, la serie in onda ogni martedì sera che la vede tra le protagoniste insieme a Barbora Bobulova, Lunetta Savino e Marina Occhionero. Il suo ruolo è quello di Nina che, come rivela lei stessa a Fanpage.it, "è la trentenne disillusa", la più cinica e disincantata della famiglia Battaglia. Per questo anche "la più fragile e malinconica". Nel finale del secondo episodio, la Nina di Miriam Dalmazio è protagonista assoluta di una scena che cambierà la direzione della storia, forse per sempre. Una scena che è un grande classico della commedia dei sentimenti, italiana e non: la cena per far conoscere la famiglia Battaglia e la famiglia Del Vecchio, in vista del matrimonio tra Viola e Alessandro. Senza fare spoiler abbiamo parlato di questa sequenza e del grande interesse che c'è nella serie in questo momento.
Miriam, partirei dagli ascolti buoni, corredati da recensioni molto positive, dopo la prima puntata. Qual è la tua impressione?
Credo che Studio Battaglia sia una serie che fa contenti tutti, che prende più generi. È un legal ma senza quella pesantezza tipica del genere. Si segue con molta facilità e allo stesso tempo parla con grande leggerezza e semplicità, una lingua universale di sentimenti, di emozioni e di amore. In questo senso fa va dritto al cuore di tutti. Poi è un riadattamento di una serie inglese che però non è stata così famosa in Italia.
Questo può facilitare perché magari non obbliga il pubblico all'inevitabile confronto?
Sicuramente. Su di noi, non c'erano aspettative particolari. Questo probabilmente ha permesso alla gente di empatizzare, di rivedersi a questi personaggi senza pensare alla versione originale.
Tra i segreti, forse anche quest'amalgama tra i quattro personaggi femminili che riescono a coprire tutti i target?
Sì, copriamo una grossa fetta di umanità femminile. C'è la Marina, Lunetta Savino, con i dubbi e i fallimenti a cui ti obbliga una fase in cui la vita sembra al tramonto. Anna, la primogenita interpretata da Barbora Bobulova, tira le somme di quella che è la sua vita, capisce cosa ha sbagliato e cosa può aggiustare. L'età di Anna credo sia bellissima, sul piano dei conflitti interiori. Nina, il mio personaggio, è la trentenne disillusa, disincantata e un po' cinica, ma anche la più fragile e la più malinconica. E poi c'è Viola, interpretata da Marina Occhionero, che ha tanti dubbi ma è anche quella che fa la rivoluzione più importante. È la più spirituale, quella che ritorna a un grande classico che sembra quasi passato di moda nella famiglia tradizionale, il matrimonio. Raccontiamo tante fasi di vita delle donne, questa serie certamente è bella per questo.
Nina ti somiglia?
Più che altro, sento di rispecchiare a pieno i trentenni di oggi, schiacciati dalla generazione passata che è solida e da quella futura che è pompata a mille, piena di autostima e molto sicura di sé.
Sul colpo di scena finale del secondo episodio, senza però fare spoiler: hai fatto una scena importante con una tensione incredibile, anche comica. Proviamo a parlarne.
Ci ho messo tanta emotività e mi sono anche divertita. Sono quelle scene che chiunque vorrebbe fare perché ogni famiglia ha i suoi segreti e allora ho indossato la maschera d'attrice e ho detto quello che volevo dire. Le famiglie, nel privato, sono tutte un po' un disastro, nel senso che la famiglia perfetta non esiste.
Dopo il Coronavirus e l'inizio della guerra, una serie come Studio Battaglia intrattiene con leggerezza. Sembra il prodotto giusto al momento giusto. Che ne pensi?
Forse il momento è sicuramente giusto, ma credo anche che la Rai voglia tornare a rassicurare le persone con le grandi storie personali. Di certo, Studio Battaglia permette di distrarsi per due ore con spensieratezza vera ma anche con personaggi rotondi, bilanciati anche nelle loro fragilità. Probabilmente, le persone riescono ad affezionarsi di più con una storia come la nostra in questo momento.
Seconda stagione…
Ci sono tutti gli elementi per ritornare, ma sul tavolo non c'è ancora nulla.
…e progetti per il futuro.
Sto lavorando a una nuova serie Rai, è una cosa molto bella ma non posso parlarne.
Da Che Dio ci aiuti in poi, di Rai sei di casa.
Sì, nel mezzo c'è stato anche Il Cacciatore, La Vita Promessa. Mamma Rai fa cose bellissime e mi fa piacere restare in casa, soprattutto quando ci sono progetti interessanti.
Qual è stato il lavoro che ti è piaciuto fare di più in Rai?
Il Cacciatore.
Perché?
Perché è stato un bel twist per la serialità Rai. Un momento propizio che ha determinato un passaggio delle serie su Rai2. Sono arrivate Rocco Schiavone, La porta rossa, prima ancora L'ispettore Coliandro. Tagli un po' più dark, un po' più obliqui che sono sempre molto interessanti.
Cosa fai quando non sei sul set? Ti anticipo che la risposta ‘yoga' non vale.
Ah, yoga non vale, ok (ride, ndr). Faccio tanto la mamma. Ho un bimbo di 5 anni e prima della pandemia e prima dell'inizio della scuola, viaggiavamo tantissimo con lui. Anche cose senza troppi programmi.
Il viaggio più bello?
In California, su una Camaro bianca. Un mese e l'abbiamo girata tutta.
A proposito di figli, come si coniuga la genitorialità e la professione nel tuo caso?
Ho dei faccia a faccia continui con i sensi di colpa. No, scherzo (ride, ndr). Devo dire che il mio lavoro non ha una routine consolidata, quindi alterno lunghi periodi in casa ad altri dove sono meno in casa. Poi c'è il mio compagno a casa che riesce a coprirmi benissimo quando non ci sono.