Luca Marinelli è Mussolini in M: “Ispirato dai politici sui social. È una storia di 100 anni fa che parla al presente”
C'è una parola che Luca Marinelli non pronuncia mai durante questa intervista, forse mosso da un particolare senso del pudore. Non dice mai "Mussolini". È un continuo Lui, M, un parlare in terza persona evocando l'elefante nella stanza, la ragione per cui siamo lì. Dal 10 dicembre arriva su Sky "M – Il figlio del secolo", diretta da Joe Wright, trasposizione del libro di Antonio Scurati che racconta la genesi del fascismo e l'ascesa di Benito Mussolini al potere. Marinelli è, appunto, protagonista di una metamorfosi fisica ed espressiva impressionante. Una serie che ha acceso il dibattito politico prima ancora di iniziare, sospinta da una sontuosa campagna promozionale con tanto di spot a reti unificate, che ha costretto la stessa premier Giorgia Meloni a commentare l'arrivo di questo prodotto nella conferenza stampa di inizio anno. Marinelli ne ha parlato a Fanpage.it a poche ore dall'uscita.
"Seguitemi, anche voi mi amerete", dice il tuo Mussolini al pubblico nel primo monologo della serie. Si ha la sensazione che questo prodotto racconti la propaganda fascista facendola, per dimostrare di essere efficace anche oggi.
È una percezione giusta, c'è un continuo richiamo a una storia che sembra vecchia di 100 anni fa ma è terribilmente presente per molti aspetti. Questa rottura della quarta parete, che noi vediamo, è un forzatissimo richiamo al pubblico. Mi sono ispirato anche ai politici moderni che ti arrivano direttamente in casa via social, mettendo su quello che sembra un dialogo. Quello che fa il nostro M è rompere la parete e parlare direttamente al singolo, alla collettività.
Una sorta di confessionale. C'è una scena in cui M litiga con Marinetti sulla natura del fascismo tradita, gli propina una "supercazzola" incomprensibile e poi guarda la camera come a dire che non vuol dire nulla, cercando la complicità nello spettatore in questa costruzione del nulla.
Credo si trattasse anche della necessità di convincere se stesso convincendo gli altri. Mussolini ha inventato il populismo, il parlare allo stomaco delle persone con risposte semplici e completamente vuote. Il populismo è così.
Nel tuo processo di mimesi con Mussolini alterni dei momenti seri a parodia. Un momento sei il Mario Adorf del '73 ne Il Delitto Matteotti, quello dopo il Guzzanti di Fascisti su Marte. Ma una linea di demarcazione tra serio e parodia non c'è.
Io avvertivo molto il tono grottesco nell'opera e penso che sia un movimento in linea con la vita. Le cose drammatiche non sembrano subito tali, si può ridere di qualcosa e ritrovarsi in tragedia un attimo dopo. La vita è così, appunto, e anche qui c'è qualcosa di drammatico di cui forse, inizialmente, non ci si rende conto. Lui poi era, a detta anche degli intellettuali dell'epoca, una bestia da palcoscenico, una persona che secondo me aveva sempre una maschera, mai onesta con se stessa. C'era questa intenzione a non mostrare mai concretamente qualcuno. Gli sentirete spesso dire "ora entra in scena questo, poi quest'altro". Lui cambia, si contraddice ogni volta, cambia il suo punto di vista, è populista con gli altri e con se stesso.
La contraddizione diventa la sua linea retta.
Esatto, è quel caos di cui lui ha bisogno ed è il primo a generarlo, cambia punto di vista continuamente per continuare ad alimentare odio, rabbia, attraverso quelle risposte vuote di cui parlavamo prima: creazione del problema e soluzioni, apparentemente semplici e banali.
Io credo che con questa serie si scopra un personaggio, qualcuno che abbiamo studiato a scuola senza comprendere sfumature che qui vengono con prepotenza alla luce.
Io penso che nessuno prima di Antonio Scurati era riuscito a farcelo conoscere così a fondo, o per lo meno io non lo conoscevo così. Avevo un mio punto di vista, sapevo che fosse il creatore del fascismo e un criminale, ma tutti questi nodi storici, il modo in cui lui ha cavalcato la storia a suo piacimento, non mi erano chiari ed ero il primo degli ignoranti. Leggendo i libri ho scoperto cose che mi parevano inconcepibili. Quello che tu dici sulla scuola io non lo ricordo così presente, anzi credo che sarebbe importantissimo studiare a fondo quel tempo per comprendere. Se si capisce il fascismo, è impossibile che il fascismo si ripeta.
Scopriamo ad esempio che Mussolini rischia di cadere nel baratro tantissime volte, si salva e da quel salvataggio ne esce rinvigorito, più forte di prima.
Io non sono uno storico, ma solo un interprete che ha provato a filtrare delle idee. Ma quello che tu dici è molto presente, è una persona che sfiora più volte questo baratro, si salva dall'eliminazione ma, quando capisce di avercela fatta, si prende da solo i meriti.
Tant'è che tu mostri questa alternanza tra il terrore di finire e la soddisfazione tronfia di avercela fatta.
Sì, lui era solo e disprezzava tutto ciò che aveva intorno. Il fascismo era un progetto solo suo, che ha portato un intero Paese alla rovina e da lì un intero mondo, perché siamo stati i primi.
Il tuo Mussolini invade spesso il presente e in questa rottura della quarta parete c'è un momento in cui cita Trump con quel "make Italy great again". I parallelismi col presente erano una tentazione fortissima.
Di richiami simili ce n'erano diversi, ma questo è l'unico rimasto. È molto forte, come dire che se non lo avete capito ancora adesso, lo esplicitiamo ancor di più.
Le pantofole come rovina dell'uomo, l'ombrello come orpello borghese che impedisce di fare la rivoluzione. Sono frasi che il tuo Mussolini pronuncia e che esprimono i paletti dell'ideologia fascista e li ridicolizzano.
Io personalmente le ho dette con la convinzione di chi di crede. È appunto il richiamo a quel grottesco per cui si fa una battuta che in realtà sta pronunciando un dittatore.
C'è il rischio che un prodotto come questo porti al processo di glamourizzazione di Mussolini, che alla fine diventi quasi un personaggio positivo di cui prendere le parti. È un timore che avete avuto?
Sicuramente penso che ognuno di noi nel suo privato si sia posto questo problema. Io in primis nell'accettare il ruolo ho avuto tanti pensieri e preoccupazioni. Però c'è un messaggio antifascista così forte da rendere impossibile ogni travisazione, o un processo di glamourizzazione. Io invito il pubblico a vedere tutta quanta la serie perché permette questo viaggio in parallelo, metaforico, di quello che ha subito il paese in quel periodo, una specie di fascinazione che ha ingannato tutti e portato il paese alla dittatura. Noi ci fermiamo al '25, con il delitto Matteotti.
Pare ci sia un fronte di opposizione che vuole spostare l'attenzione dal dibattito sul contenuto della serie a dettagli irrilevanti, come le tue parole sul "dolore per aver interpretato Mussolini". È forse la dimostrazione ulteriore che questa serie è necessaria?
Non so bene come rispondere a questa domanda. Io penso che noi abbiamo fatto qualcosa di molto importante, abbiamo attraversato un periodo artisticamente meraviglioso e umanamente ed eticamente molto difficile. Siamo usciti da questa avventura assieme, durata sette mesi, con un prodotto che incontrerà un pubblico. Spero venga vista da più persone possibili e che sollevi discussioni, perché credo sia importante fare i conti con tutto questo. Poi la storia parla per se stessa, non si può cambiare.
Poi soprattutto dovrai prepararti a tornarci in questi panni, visto che ci sono altri tre libri della saga.
Di certo la storia non è finita, siamo arrivati solo alla nascita di una dittatura.
Ti galvanizza l'idea di rientrare in qualcuno che ha prodotto una fatica non indifferente?
Una fatica grande, ma un'esperienza gigantesca. Poter rilavorare con tutte queste persone sarebbe una gioia e spero ci sarà la possibilità.