
"Facile è prendersi il lusso di fare l'agnello, quando la natura t'ha accordato il favore di nascere lupo". È tutta qui l'essenza di Modesta, l'eroina oscura de l'Arte della Gioia che vive sotto un solo imperativo: seguire la propria volontà e libertà. Il racconto della sua vita travagliata, nato dalla penna di Goliarda Sapienza, è tormentato come il processo di pubblicazione del libro, che ha visto la luce più di vent'anni dopo dalla prima stesura. E in effetti, come fa notare il critico letterario Domenico Scarpa, tra la protagonista del libro e la scrittrice i punti di contatto non mancano: "G.S. lo scrisse senza farsi scoprire, senza farsi distrarre o dissipare: un talento che condivide con la sua Modesta, con quel personaggio protagonista che in segreto attraversa la sua infanzia e la giovinezza costruendosi un destino". Un destino impresso sulla carta, che prende forma sulla schermo per merito della regia di Valeria Golino e che rimane sotto la pelle di chiunque, lettore o spettatore che sia. Poco importa se tra romanzo e serie tv ci siano differenze, se a unirli rimane quella sensazione di scossone, turbamento e potenza, non c'è modo di scindere due prodotti che si guardano, si studiano e "disturbano" il pubblico di qualunque epoca.

Il racconto è quello della succitata Modesta, orfana che dalla più nera miseria della Sicilia del ‘900, riesce a insinuarsi nella nobiltà più ricca, seppure decadente. Un tema che ricorda un po' quello trattato in Saltburn e ne Il talento di Mr. Ripley, ma che con il cast femminile scelto per questa miniserie riesce a differenziarsi in un panorama seriale alla sfrenata rincorsa della stessa estetica rassicurante e ridondante. C'è Tecla Insolia, volto di Modesta, che con estrema bravura è lupo e agnello, vittima e carnefice, che con il voice over, episodio dopo episodio, restituisce l'alternarsi di prima e terza persona nel libro. C'è Valeria Bruni Tedeschi, che si cuce addosso il personaggio della Principessa Gaia Brandiforti, volubile e spietata, esilarante e dura, che spiazza con frasi come: "Dato che non sei brutta, tornerai a prendere il tè". C'è Jasmine Trinca, perfetta nelle vesti di madre Leonora, santa e peccatrice. C'è Alma Noce, la giovane Beatrice, sognante e maliziosa, tentatrice e moralista.

Ogni interprete riesce con precisione ad abbracciare le ambiguità, le brutture e il desiderio. Desiderio spesso carnale, che racconta un eros che inquieta e che non cerca approvazione. D'altronde nel romanzo Modesta lo dice: "L'amore non è assoluto e nemmeno eterno, e non c'è solo amore fra uomo e donna, possibilmente consacrato. Si poteva amare un uomo, una donna, un albero e forse anche un asino, come dice Shakespeare". Se all'epoca l'opera fece scalpore per la sua audacia e licenziosità, oggi come oggi la miniserie Sky fa rumore allo stesso modo, capace di raccontare una storia sporca, ruvida e che non vuole piacere a tutti. Piace solo a chi non teme di prendersi la sua parte di gioia, senza Modest(i)a.
