L’Amica Geniale 4, Pio Stellaccio: “Enzo Scanno è l’empatia, intelligenza emotiva opposta alla superficialità di Nino”
Se c'è un personaggio emblematico del quarto capitolo de L'Amica Geniale, dal titolo "Storia della bambina perduta", quello è Enzo Scanno. Animato da una bontà franca, sincera, quasi eterea, Scanno rappresenta il modello maschile positivo in contrapposizione ai tanti personaggi maschili del romanzo che si collocano nella colonna opposta, per tutta una serie di ragioni. Nella quarta stagione della serie ispirata ai racconti di Elena Ferrante, a interpretare Enzo Scanno è Pio Stellaccio, attore che accompagna il personaggio nei momenti più complessi della sua esperienza da genitore e compagno di Lila, con la scomparsa della piccola Tina negli ultimi episodi che, di fatto, annienta la loro relazione. L'attore si è raccontato in questa intervista a Fanpage.
Il personaggio di Enzo Scanno è di quelli che lasciano il segno. La sua è una bontaà non banale.
Al sud chi è buono è percepito come fesso. Da ragazzino mi dicevano spesso di essere troppo buono e io questa cosa ho sempre provato a contrastarla. L'idea di crescere consapevole di essere più fragile rispetto a qualcun altro mi ha fatto acquisire una certa solidità e mi ha fatto capire meglio Enzo, che non è fesso, ma è un buono. Ha dei valori, cose in cui crede, che ama e vuole proteggere. Ha anche una sua forza per questo, sa essere feroce quando serve.
Nel suo esserci quando necessario, ma stare in disparte quando serve, chiude il cerchio di una figura maschile positiva che si inserisce con forza nel dibattito contemporaneo.
Io lo trovo molto attuale perché viviamo in un momento storico in cui la lotta di genere è fortissima e credo sia una lotta che andrebbe fatta più dagli uomini che dalle donne, o forse dalle donne madri che crescono i loro figli. È una questione educativa, gli uomini adulti di oggi sono per lo più cresciuti in contesti familiari nei quali il maschio è esente da certe questioni, ad esempio quelle domestiche, e questo la dice lunga sullo stato delle cose e la strada che dobbiamo ancora percorrere. Ci vuole educazione per avere uomini diversi, con una testa differente, provare a cambiare quelli di oggi è uno scontro che deve esistere, ma che ovviamente richiede del tempo.
Enzo Scanno è in netta antitesi con il personaggio maschile negativo per eccellenza, che è Nino Sarratore. Hai lavorato a Enzo consapevole di questa netta contrapposizione?
Di sicuro lo sapevo, avendo letto i libri e conoscendo entrambi i personaggi. Mi sono ritrovato ad avere a che fare con un personaggio empatico e dall'altra parte ce n'è uno che fa della superficialità, forse, il suo vizio peggiore. Enzo è un uomo che è in diretta comunicazione emotiva con Lila, quando la incontra mentre sta per partorire non accade per caso.
Sarratore sembra un colto arrogante, mentre Enzo Scanno un incolto dotato di un'intelligenza emotiva. L'elemento dell'istruzione ha un peso nel differenziarli?
Io credo che non ci siano differenze caratteriali che dipendono dal sapere. Certamente l'istruzione è un'arma, che si può indirizzare dove si vuole. C'è chi l'istruzione può usarla per controllare le masse o per capire meglio il mondo. Di certo l'impressione è che Nino Sarratore non usi in modo positivo la sua conoscenza.
C'è una scena, dopo la sparizione della bambina, in cui i Solara si presentano alla vostra porta per aiutarvi. Lì Enzo muta, si mostra indisponibile alla loro solidarietà. È quello il suo punto di svolta?
Credo di sì. In quella scena ho provato a lavorare sulla difesa della casa, non sull'aggressività fisica effettiva. In una scena precedente Michele Solara pesta Renato ed Enzo vorrebbe partire, Lila deve fermarlo per evitare che accada. Nel momento di dolore profondo per la perdita di Tina lui vede Lila distrutta e con la regista Laura Bispuri ho pensato che il gesto più significativo che Enzo avrebbe dovuto fare è mettere la mano sulla porta, come a voler fare intendere ai Solara che lì non si passa, difendere la famiglia prima di tutto e dire: "Voi qui non passate".
Ricorda quasi quella scena di Bronx in cui Robert De Niro va dal boss Sonny e gli impedisce di far lavorare suo figlio e dirgli: puoi fare quello che vuoi ma non in casa mia.
Non ci avevo pensato, ma forse lo ricorda. Tant'è che ho pensato spesso ad Enzo come un cane, di quelli che si possono accarezzare tranquillamente, ma guai a fare qualcosa di male al padrone. Lì diventano rabbiosi. È questa l'idea di sudditanza a Lila, non poter eguagliare il suo talento, ma fare di tutto per proteggerla quando la vede in pericolo.
Altra scena di grande impatto è quella in auto con Lila, un monologo nell'ultimo episodio in cui, in macchina con Lenù, mentre è alla guida Enzo elenca tutti i possibili scenari su quale fine abbia fatto Imma, ha le lacrime agli occhi e le trattiene.
Sì, una scena molto difficile, girata più volte e da varie angolazioni, con un diverso coinvolgimento in quel monologo. Ricordo che quando ho ricevuto per la prima volta le sceneggiature e l'ho intercettato, capii che sarebbe stato molto complesso. Ho avuto paura che potesse essere all'inizio del lavoro, mentre è stata esattamente l'ultima scena girata. Ne ero terrorizzato, ma anche consapevole che per come sono fatto nell'avvicinamento ai personaggi, mi credo quando credo al dolore, la felicità o la gioia che un personaggio può provare. Mi sono chiesto: se fossi al posto di Enzo, cosa penserei? Forse tutte quelle che cose che lui elenca.
Alla fine non sapremo mai Tina che fine ha fatto, vivendo delle convinzioni dei personaggi su cosa sia accaduto. Tu, leggendo e interpretando, che idea ti sei fatto?
Non sono riuscito a darmi una risposta, non ho creduto nemmeno alle varie ipotesi che si fanno, dalla punizione dei Solara alla vendetta trasversale verso Lenù.
La bambina era il collante tra Enzo e Lila, la sparizione li divide naturalmente.
Con la scomparsa della bambina si crea una frattura insanabile. All'inizio il dolore li tiene insieme, ma se poi non arriva qualcosa che lo pacifica, il dolore cresce a dismisura. Enzo e Lila sono troppo diversi, lui sa che lei ha un carattere particolare, che la sua fragilità le impedirà di fare una bella vecchiaia. Prima si fondevano tra loro nella debolezza, dopo non è più così.
Nella tua carriera hai lavorato in decine di titoli di fiction della storia recente, dal Maresciallo Rocca a Don Matteo, Il Clan dei Camorristi. Una volta per un attore la Tv era quasi lo step antecedente al salto di carriere. Negli ultimi anni sembra cambiata questa cosa. Tu che idea hai e qual è il tuo obiettivo?
L'unica aspirazione avuta nella vita da quando ho iniziato a fare questo mestiere è stata stare bene facendolo, diventando sempre più bravo possibilmente, in attesa di un personaggio come Enzo Scanno, in grado di dire qualcosa alle persone, con cui possa raccontare anche una mia idea di vita. Spero di fare questo lavoro riuscendo ad avere un impatto su chi guarda. In questo il cinema e il teatro forse restano straordinari, mentre la televisione forse consente la distrazione, permette di non essere coinvolti costantemente in un momento preciso.
Mi raccontavi di una questione legata alla differenza tra profilo destro e sinistro. Quando devi fare un buono, appari più adatto dal lato sinistro, per il cattivo il contrario. Questo condiziona il tuo muoverti sul set?
Prima di tutto l'attore deve conoscere il proprio corpo. Da appassionato di calcio, da ragazzino mi sono rotto il naso con una pallonata che mi deviò il setto nasale, so che il mio profilo sinistro è più dolce, l'altra più aquilino. A seconda delle necessità di scrittura e set, cerco di muovermi in base a questi criteri e l'ho fatto anche con Enzo.
Prossimamente ti vedremo nei panni del padre di Peppino Di Capri nel biopic su una parte della sua vita.
Almeno metà della sua vita. Peppino Di Capri mi era poco noto, devo essere sincero, nonostante nelle mie prime cassette degli anni Ottanta c'erano le sue canzoni più note. Ritrovarmi sul set a raccontare questa storia che creava un parallelismo anche nella mia vita, legata al rapporto con mio padre è stato bello.
In che senso ti sei visto legato a tuo padre?
Parlare di mio padre come di un uomo ingenuo è una cosa strana, è la prima volta che mi viene fuori questo termine. Ma c'è dell'ingenuità nel pensare che per il bene di una persona gli siindichi la strada giusta, che di fondo non esiste. È stato bello notare che nei panni del padre di Peppino mi sono trovato somigliare a mio padre, che una volta mi pareva burbero e severo, mentre oggi mi appare come ingenuo nella sua tenerezza.