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L’Amica Geniale 3, parla Francesco Russo: “Bruno è un miserabile che cerca la violenza su Lila”

L’intervista a Fanpage.it di Francesco Russo, Bruno Soccavo nella terza stagione de L’Amica Geniale – Storia di chi fugge e di chi resta.
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È tornata L'Amica Geniale con i nuovi episodi tratti da Storia di chi fugge e di chi resta, in onda dal 6 febbraio 2022 su Rai1. Ritorna il consueto ciclo di conversazioni e interviste con i personaggi di questa grande storia corale scritta da Elena Ferrante, editi da e/o, la cui terza stagione è diretta da Daniele Luchetti.

Nei primi due episodi della serie, contenuti nella prima puntata, le contestazioni operaie arrivano nella fabbrica in cui lavora Lila (Gaia Girace), il Salumificio Soccavo passato nelle mani di Bruno Soccavo. Francesco Russo racconta a Fanpage.it l'evoluzione del suo personaggio, da ragazzone bonaccione e tenero con Pinuccia Carracci in quella sognante estate a Ischia che vediamo nella seconda stagione, a meschino padrone che cerca persino – senza riuscire nel suo intento – di violentare Lila in una delle scene forse più potenti di questo inizio di stagione.

Francesco, Bruno Soccavo non è solo un uomo malvagio, ma è anche un miserabile, un uomo in qualche modo costretto dagli eventi a essere quello che è. Come si mette in scena questo malessere?

Mi fa piacere che hai notato questo dettaglio perché è quello su cui ho lavorato. Non è intenzionalmente cattivo, ma come tutte quelle che compiono azioni egoistiche, lo sono perché non riescono a capire le motivazioni degli altri e pensano solo alle proprie. Questo fa sì che le loro azioni abbiano ricadute negative su di loro e sulle altre persone.

È impressionante la differenza che c'è tra il Bruno Soccavo adolescente, che rappresenta quasi una salvezza per Pinuccia Carracci, e quello dell'età adulta, meschino con Lila e con tutti i suoi operai. 

Mi sono attenuto al libro di Elena Ferrante, a quello che mi ha ispirato il racconto su Bruno. Il libro ce lo fa vedere in due situazioni a distanza di tempo e non ti fa vedere quello che c'è al centro. Noi abbiamo avuto il quadro di Ischia, la spensieratezza di un clima estivo, l'amicizia e l'umorismo, anche come dici, la possibilità di rappresentare una salvezza per Pinuccia, che con Bruno vedeva un mondo tutto nuovo. Dopo anni, lo ritroviamo in tutt'altra veste con quell'azienda gli è caduta sulle spalle, da quel momento è diventata una persona diversa.

L'estate a Ischia. I personaggi di Bruno Soccavo, Elena Greco, Nino Sarratore e Lila Cerullo.
L'estate a Ischia. I personaggi di Bruno Soccavo, Elena Greco, Nino Sarratore e Lila Cerullo.

Ma quindi cosa è successo tra l'estate di Ischia e il momento che vediamo nel salumificio?

Il libro è ambiguo su questo. Non sappiamo se Bruno è sempre stato così, il lato che non avevamo visto di Bruno, oppure è stata l'azienda che lo ha trasformato. Io non ho lavorato su un arco narrativo, come in genere si fa, ma ho lavorato come due personalità completamente distinte. C'è un collegamento molto sottile su cui ho voluto lavorare: i riferimenti al padre, che sono presenti già nella seconda stagione.

Per esempio?

C'è una scena nella seconda stagione, quella di lui al bar con Lenuccia mentre Pinuccia è andata via. Lui ci prova un po' con Lenù e poi parlano del loro futuro, lui dice di non sapere ancora bene cosa voler fare da grande e Lenuccia gli risponde fredda: "Per te è facile, tu hai tuo padre". Lui risponde piccato: "Non è detto, magari io voglio avere altre possibilità". Ecco. Quando lo ritroviamo nella terza stagione nell'azienda di suo padre, noi abbiamo capito che Bruno Soccavo ha perso questa possibilità.

Questo sarebbe il secondo tentativo di violenza su Lila. Il primo è un vero e proprio abuso perpetrato dal marito, interpretato da Giovanni Amura, una sequenza molto dura. Questa volta, invece, Lila riesce a fronteggiare e neutralizzare la minaccia del suo aggressore. 

La violenza non riesce perché Bruno Soccavo alla fine è un miserabile, un uomo che ha paura della sua ombra.

E allora perché Bruno Soccavo cerca di violentare Lila nella stanza dell'essiccatura? 

Lui fa quello che fa non perché gli piaccia davvero Lila, ma credo che in passato lui abbia avuto operaie compiacenti. E credo che lui soffra di una nevrosi seria. Nella stanza dell'essiccatura lui spiega di sentirsi bene, di ritornare bambino e questo lo fa scattare. Ho lavorato anche a un senso di eccitazione che Bruno può trovare in quella stanza dei salumi. È stata una scena davvero molto dura. Una scena dura che però attorialmente mi ha stimolato tantissimo.

Quando legge il ciclostilato con la confessione di Lila sulle condizioni degli operai, Bruno Soccavo perde la testa davanti a tutti.  

I quadri dirigenziali di quell'epoca, quelli che banalmente possiamo chiamare piccoli capitalisti, non capivano proprio quello che stava succedendo fuori dalle loro fabbriche. Leggevo un'autobiografia di Alberto Franceschini, uno dei fondatori delle BR, ed è interessante proprio il primo sequestro che fanno a un quadro dirigenziale, un piccolo capo del lavoro, ritrovandosi di fronte a una persona che non capiva il senso delle parole.

Francesco Russo nel ruolo di Bruno Soccavo
Francesco Russo nel ruolo di Bruno Soccavo

E Bruno Soccavo – imbolsito e grigio, curvo tra le scartoffie, il respiro affaticato dalle decine di sigarette – è la perfetta incarnazione del piccolo capo. 

Esatto. Perché lui non comprende la questione degli operai, lui pensa che sia una vendetta per quello che è accaduto nella stanza dell'essiccatura. Lui non ha proprio i termini per parlare e immaginare le lotte operaie, il movimento operaio. E in quello sfogo, ho voluto raccontare questa ignoranza.

Daniele Luchetti è un regista che ha lavorato molto su queste tematiche, com'è stato lavorare con lui? 

Mi ha lasciato tanto spazio d'improvvisazione ed è incredibile come alle volte proprio tradendo il libro, si risulta poi essere fedele a un testo che è una vera bibbia dei sentimenti. Luchetti mette una tranquillità sul set incredibile. Ha idee molto chiare ed è un regista che destruttura la continuità.

Luchetti è un regista che destruttura la continuità: diciamo che questo è il sottotitolo di questa intervista, ma spieghiamola. 

Solitamente, un regista ti chiede di fare una serie di scene tutte uguali, chiedendo continuità di movimenti e di intenzioni. Luchetti invece è un documentarista del lavoro dell'attore. Lui vuole entrare dentro i personaggi e quasi ti chiede di fare scene in modo diverso. È bello lavorare con lui.

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