"Non ci dicono niente. Ma è questo che succede quando c'è un dannato tedesco a gestire il circo". Ironia della sorte, la frase qui riportata non è solo una battuta, letterale, di un membro del cast di 1899, la nuova serie Netflix sviluppata dai teutonici Baran Bo Odar e Jantie Friese, creatori dell'amatissima Dark. Ne è anche, in estrema sintesi, la recensione. Iniziamo così, col piede di guerra, dopo essere stati sottoposti alla visione di quella che è, a tutti gli effetti, una trama fantasma che si protrae, lentissima, per otto ore. Tempo che non possiamo, purtroppo, riavvolgere a piacimento.
1899 si staglia nel catalogo Netflix come un gigantesco Titanic di pretenziosità e non ci sono abbastanza scialuppe di salvataggio per poterlo salvare. C'è maretta, è vero, ma con coraggio andiamo a disvelare i più spossanti anfratti di questo mistero pigro quadripartito (x 2).
"Una pillola ti fa diventare più grande, una pillola ti fa diventare più piccolo" e così si apre la sigla, cover di White Rabbit dei Jefferson Airplane, omaggiando Alice nel Paese delle Meraviglie. Si fa subito chiaro, però, che di "meraviglioso" ci sia ben poco nel mondo in cui la serie è ambientata: l'oscuro transatlantico Cerberus, letteralmente la versione "Dark" del Titanic, sta trasportando passeggeri e manovalanza dall'Europa a New York, durata prevista del tragitto: sette giorni. Il ritrovamento della "nave fantasma" Prometheus, scomparsa quattro mesi prima, però, farà deragliare la tabella di marcia. A bordo, come si direbbe in Boris 4, tutti "personaggi a norma": di diverse nazionalità e orientamenti sessuali, ognuno di loro nasconde qualche torbido segreto (anche solo per salvarsi la pellaccia). Quasi la trama della fiction Rai Sopravvissuti? Quasi la trama della fiction Rai Sopravvissuti. Solo non si vede Lino Guanciale.
Ma veniamo ai problemi seri: ha fatto notizia nelle ultime settimane, la cancellazione di Westworld dopo quattro stagioni (di cui, stando al sentiment dei più, tre di troppo). Ebbene, gli sparuti fan residui della serie HBO, hanno di che rallegrarsi: 1899 ruba a piene mani dinamiche e meccanismi proprio da lì. C'è un "Creatore" che purtroppo non è Anthony Hopkins, una qualche sorta di simulazione, delle prese di coscienza inutilmente contorte. Più di così non possiamo dire, anche solo per imbarazzo. Sembra davvero una sorta di spin-off della serie originale in cui tutto il "parco giochi" di Westworld e relative complessità viene spedito, pari pari, in crociera a fine Ottocento.
Fin dalla prima puntata, la sceneggiatura è un susseguirsi di gerundi interrogativi: "Che sta succedendo?", "Cosa stiamo facendo?" e famiglia discorrendo, nessuno ha (e avrà mai) risposte concrete. Non perché lo spettatore sia troppo poco smart per poterle comprendere, semplicemente perché non ce ne sono. Nemmeno quando dovrebbero. Al loro posto, missive tempestate di triangoli con sottofondo musicale altamente tensivo. Che inquietudine, la geometria, che mistero. 1899 è pura sovrastruttura, senza struttura. Le bellissime guglie gotiche del Duomo di Milano, senza il Duomo di Milano sotto.
E quindi ci si annoia, per di più di cliché in cliché: in primis, quello del parto travagliato a sorpresa (avanguardia pura). Arriva, poi, il bambino inquietante. In questo caso, anche muto. Verso la quarta puntata, qualunque spettatore di buona creanza invocherà l'intervento risolutore di Checco Zalone, un toccasana per il mutismo selettivo dei marmocchi malmostosi. Per non parlare poi dei colpi di scena: allo scadere della quarta ora di visione, giunge il primo, di soppiatto, pure con l'arroganza di ergersi a cliffhanger: si tratta di una risoluzione talmente banale che perfino un quattrenne l'avrebbe già vista arrivare dal minuto 5 della puntata pilota. Proseguendo, la situazione, ahinoi, non migliora. E si tifa per il naufragio coatto.
C'è un po' di tutto in 1899, perfino un "omaggio" a uno dei film meno riusciti di M. Knight Shyamalan, The Happening. Non mancano evidenti citazioni anche alla prima stagione di The Terror, serie forse fin troppo misconosciuta ma capolavoro di Prime Video. Il risultato è un mappazzone dalla fotografia perennemente color dell'abisso mentre dialoghi demandanti si avvicendano a ritmo di novena. Forse non tutti sanno che Netflix offre la possibilità di "velocizzare" i suoi contenuti video, come fossero vocali Whatsapp. Per rendere le conversazioni realistiche, almeno a livello di tempi, vi basterà pigiare su x 1.5. No, non è una boutade.
Nessuno dei personaggi si comporta in modo razionale o ha reazioni che appartengano anche solo lontanamente a una logica di causa-effetto. In primis, il Capitano della nave, forse il più assurdo e peggio scritto della ciurma. Ne escono meglio le donne, ma non basta a rendere questo enorme spreco di tempo (e di budget faraonico) sensato. Realizzato con quelle che, nei momenti di relativa quiete, hanno tutto l'aspetto di essere scene tagliate da Titanic di James Cameron, 1899 è tutto fuorché originale. Se, dopo Dark, avevate aspettative altissime, vi ritroverete ad ammainare, mestamente, le vele.