Infermieri assenti in Doc 2 e poco credibili in Lea, FNOPI: “Tra stereotipi di genere e inesattezze”
Da Doc 2 – Nelle tue mani con Luca Argentero a Lea – Un nuovo giorno con Anna Valle, gli operatori sanitari sono i grandi protagonisti della fiction italiana. Spesso, però, il modo in cui vengono rappresentati sul piccolo schermo, fa storcere il naso a medici, infermieri e OSS (operatori socio sanitari) che svolgono ogni giorno quella professione. Fanpage.it ne ha parlato con Nicola Draoli. Il Consigliere Nazionale FNOPI (Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche) e Presidente dell'ordine infermieri di Grosseto ha rimarcato alcune inesattezze e stereotipi nella rappresentazione dei professionisti sanitari e ha assicurato che la Federazione è pronta ad aprire un dialogo con le case di produzione:
"Credo che il sentire negativo di chi svolge la professione infermieristica, nei confronti delle produzioni artistiche, sia dovuto a pesanti stereotipi, che da tempo ci stiamo sforzando di eliminare. Basti pensare alla filmografia italiana anni '70, che rappresentava l'infermiera come disinibita, sexy, procace, adescatrice, soggiogata dal ruolo del medico. Detto questo, trovo comunque positivo che gli infermieri siano più presenti rispetto a prima".
La professione infermieristica è stata al centro della serie tv Lea – Un nuovo giorno. Ritiene che sia stata rappresentata in modo adeguato?
Ho letto delle critiche, ma è una fiction e non un documentario, quindi si muove su altri binari. Tuttavia quello che si riscontra – non solo nella serie Lea – è il sistema gerarchico all'interno delle strutture ospedaliere. Probabilmente per dare linfa a certe sceneggiature. In realtà nei sistemi sanitari, salvo rari casi, non esiste questa gerarchia quasi militaresca, ma sono presenti la multi professionalità e il confronto.
Ha riscontrato altre inesattezze?
Sicuramente c'è un perdurare degli stereotipi di genere. Nel mondo della sanità, le donne sono presenti anche nella componente medica, ma continuiamo a vedere il potere in mano al medico uomo e, quanto agli infermieri, in tv vediamo esclusivamente donne. Ancora si porta in scena un modello vecchio di qualche decina di anni. In realtà, sia tra gli infermieri che tra i medici e nelle relative posizioni di comando, si riscontrano sia uomini che donne.
Quali aspetti della serie Lea, invece, ritiene abbiano rappresentato al meglio questa professione?
Tra gli aspetti positivi di Lea, ci sono le relazioni che stabilisce con i piccoli pazienti che poi diventano curative. Sono interventi terapeutici a tutti gli effetti. Devo dire, però, che noi infermieri, come gli altri operatori sanitari, vorremmo avere un tempo di cura così ampio come accade nella serie, ma purtroppo non è possibile.
Anna Valle è stata affiancata da vere infermiere che le hanno insegnato come risultare credibile. Dunque, sicuramente c'è stato uno sforzo per rappresentare la professione infermieristica nel miglior modo possibile.
Senza dubbio. Forse ci si concentra di più sul rendere credibili alcune situazioni immediatamente visibili, operative, come posizionare un presidio ospedaliero, rapportarsi al paziente. Insomma, ciò che salterebbe subito all'occhio se fatto male. E si tralascia la credibilità di tutto il contesto. Tuttavia, capisco che una serie non possa raccontare in modo totalmente aderente alla realtà cos'è la professione infermieristica, snaturerebbe il concetto stesso di fiction.
Di Doc 2 – Nelle tue mani, invece, cosa ne pensa?
Doc – Nelle tue mani dipinge un mondo sanitario che è fatto esclusivamente da medici. Gli infermieri non ci sono proprio. Questa cosa, comprensibile dal punto di vista della sceneggiatura, non ha chiaramente alcun senso nella realtà. Non per una rivendicazione professionale, ma perché il mondo della sanità è fatto da una pletora di figure, che vanno dai medici, agli infermieri, passando per gli Operatori Socio Sanitari. Ci sono 22 professioni sanitarie che popolano il sistema, più tutta la rete di servizi esterni. Capisco sia molto complesso riprodurlo in una fiction, però questo modello mono professionale di intervento, fa perdere ogni minima sospensione dell'incredulità a chi fa questa professione. Si tratta di fare una rappresentazione un po' più accurata.
C'è una serie che considera particolarmente verosimile?
Uno dei progetti più vicini alla realtà che io abbia mai visto è Scrubs. Per quanto sia ironico e surreale, rappresenta molto meglio il contesto ospedaliero di tante altre produzioni. Scrubs racconta le interazioni positive o negative, ma comunque paritarie tra figure diverse: l'inserviente, l'infermiere che si innamora della dottoressa e così via. Una rappresentazione delle relazioni sanitarie più verosimile, rispetto a quando ci si ferma a due, tre modelli e da lì non si esce.
Quali caratteristiche dovrebbero essere messe in primo piano quando si racconta la professione infermieristica?
Innanzitutto, raccontare un contesto in cui ci sono più figure professionali, tra cui operatori di supporto come gli OSS. Questo permetterebbe di evidenziare meglio le peculiarità dei professionisti. Non è credibile, come accade in Lea, che l'infermiera sistemi la stanza di degenza, che è uno dei compiti che spettano agli operatori di supporto. Poi, sicuramente evitare stereotipi di genere. Raccontare la fatica, il momento convulso che si vive nell'ambiente sanitario. E una maggiore cura nella terminologia, perché il termine "caposala" non esiste più da 20 anni, esiste l'infermiere coordinatore. Non esiste più il primario, esiste il direttore. Capisco la volontà di semplificare il linguaggio per farsi capire, ma così il pubblico non si abitua mai al fatto che non si usino più quei termini.
Sarebbe possibile una collaborazione tra FNOPI e le case di produzione?
Noi come Federazione siamo disponibili a titolo gratuito. Chiunque voglia contattarci per avere un supporto, un'idea, un giudizio, noi ci siamo. Da infermiere empatico mi metto nei panni degli sceneggiatori, mi rendo conto di quanto sia difficile dipingere a dovere questo mondo. Sarebbe interessante fare un ragionamento insieme per affinare la credibilità di ciò che si racconta.