Il finale di Studio Battaglia, Barbora Bobulova: “Le donne sono eroiche, questa serie è per loro”
La sua Anna è stata il perno su cui sono ruotate tutte le storie, grandi e piccole, di Studio Battaglia. L'attrice Barbora Bobulova si racconta a Fanpage.it e fa il punto su questo personaggio e questa serie che ha segnato certamente un punto di svolta per la narrazione seriale del servizio pubblico. Non era scontato trovare un punto d'incontro tra grandi ascolti e qualità del contenuto, Studio Battaglia ci è riuscito grazie a un lavoro di squadra che l'attrice sottolinea: "È stata scritta benissimo, i dialoghi funzionano e poi Simone Spada ha saputo scegliere un cast artistico e tecnico di grande qualità". La seconda stagione appare scontata, anche se l'attrice non si sbottona: "Non sono io a dover dare la notizia". E sul finale della prima stagione, Barbora Bobulova rivela: "Anna ha sempre cercato di essere perfetta nel ruolo di madre, di moglie e di avvocato. Ora si lascerà andare".
Barbora, abbiamo lasciato Anna in mezzo a una bufera. Come finisce questa storia?
La bufera di Anna è molto forte perché i problemi non sono soltanto lavorativi, ma toccano la sfera intima e personale. A lavoro, lei in quanto donna deve dimostrare due volte di più e ha il finale del grande processo del caso Parmegiani, ma c'è anche il colpo duro di un matrimonio a pezzi dopo quello che ha scoperto.
Già, il matrimonio minato non solo dal comportamento di Alberto ma anche dal corteggiamento pressante di Massimo.
Massimo è sempre lì. Il colpo basso che ha ricevuto dal marito ha fatto in modo da risvegliare un bisogno di evasione. Il problema di Anna è proprio questo. Ha sempre cercato di essere perfetta nel ruolo di madre, di moglie e di avvocato. Essendo così severa con se stessa, non se l'aspettava di ricevere una delusione così grande da suo marito. E qualcosa si è spezzato, quindi rimette in discussione anche il modo di essere così intransigente in tutto quello che fa.
A proposito dell'ansia da prestazione dell'essere donna, tu hai mai vissuto questo sentimento e il peso di un bilanciamento perpetuo tra lavoro e famiglia?
Nel mio privato ho sempre cercato di dividere di netto il lavoro. Non uso nemmeno i social e riesco a tenere totalmente fuori la mia famiglia dalla mia professione. Per me, poi, è facile perché noi attrici siamo privilegiate, abbiamo periodi di pausa che ci consentono di stare a casa con i figli. Ma mi chiedo come faccia una donna che va in ufficio tutti i giorni, una donna che lavora tutti i giorni, a mantenere in piedi anche una famiglia. Le donne che lavorano tutti i giorni sono delle vere supereroine. Questa serie è per loro.
Tra i vari casi "orizzontali" che abbiamo visto in Studio Battaglia, quale ti ha colpito di più?
Mi ha colpito la storia della coppia con il figlio morto in un incidente stradale su un monopattino. Avendo anche io dei figli, mi sono immedesimata in quella storia e su cosa è giusto. È giusto accedere ai contenuti del telefono di un figlio morto? È l'aspetto più attuale perché è un terreno relativamente nuovo. Il mondo si sta evolvendo con una velocità talmente estrema che ogni giorno dobbiamo imparare a gestire aspetti personali che sono fondamentali.
Dal punto di vista produttivo, cosa ti è piaciuto di più?
Non c'è una cosa che non mi è piaciuta. È una serie che funziona molto bene, scritta benissimo da Lisa Nur Sultan con dialoghi che funzionano. Poi è grazie a Simone Spada che ha saputo scegliere un cast incredibile e un team produttivo di grande caratura.
La seconda stagione? La diamo per scontata?
Non sono io a poterlo dire ufficialmente, però sì, ci speriamo.
Sei nel cast de "Il Re", che segna l'esordio di Luca Zingaretti in un nuovo ruolo e sulla pay tv
Luca si è calato nei panni di un direttore di carcere con dei metodi discutibili e spietati. Un bellissimo personaggio il suo, ma anche i personaggi femminili sono caratterizzati benissimo. Il mio personaggio è minore, ma ha una grande definizione.
Come si cambia rapidamente da un ruolo come quello di Anna in Studio Battaglia a uno completamente differente, come quello de Il Re?
È questo quello che è bello di questo lavoro. Io amo cambiare sempre e se un regista me lo chiedesse, sarei felice di radermi anche a zero. Se non ci fosse questo cambio repentino e continuo, io mi annoierei a morte.
A cosa stai lavorando?
Sono sul set del nuovo film di Nanni Moretti, Il sol dell'avvenire.
È la prima volta che lavori con lui?
Sì e mi trovo molto bene. È un signore, un grande regista. Ritrovarmi sul set con lui è una felicità e una gioia. È sempre stato un sogno.
Io voglio andare un po' indietro nel tempo perché tu hai fatto parte di un film che io amo tantissimo, ha fatto parte del mio bagaglio di studi, sceneggiato da Manzini (Rocco Schiavone, ndr) e tratto da un racconto del cannibale Ammaniti…
Oddio, ma è un film di tantissimi anni fa…
Ed è un film fantastico, "Il siero della vanità": sei d'accordo?
Ero una tossicodipendente, una ex Miss Italia. Diretta da Alex Infascelli, fu una bella esperienza. C'erano Margherita Buy, Francesca Neri, Valerio Mastandrea, Marco Giallini…mi stai riportando indietro di tanti anni, ne è passata d'acqua sotto i ponti. Mi stai ricordando che non sono più giovanissima, eh?
No, è solo un film a cui tengo davvero tanto ma, visto che stiamo sorridendo, lasciamoci con una curiosità: ma non ti dà fastidio che tanti ti storpiano il nome?
Guarda (ride, ndr) ormai a quello ci ho messo una pietra sopra. Anche se penso sia più grave sbagliare il cognome.
Non ti arrabbi, quindi, quando leggi "Barbara Bobulova"?
Non mi arrabbio più perché so quanto è difficile per un italiano dire "Barbora". E allora quando vedo scritto "Barbara", non ci penso più. Però ti dico una cosa.
Prego.
C'è stato un periodo, tantissimi anni fa ai miei primi lavori in Italia, in cui un produttore mi consigliava di cambiare nome: "Chiamati Barbara", mi diceva. Non l'ho fatto perché non ero sicura di rimanere in Italia, così mi sono tenuta il mio nome e poi non volevo fare una scortesia ai miei genitori. Però, ci sono dei momenti in cui mi pento di non avergli dato retta. Forse avrei una vita più semplice, perché in qualunque ufficio, per qualunque pratica, devo precisare che Barbora non è un errore, che mi chiamo proprio così.