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Opinioni

Extraordinary, la recensione: l’ennesima serie cliché sul superpotere di essere se stessi

Extraordinary, la nuova serie Disney Plus sta generando grandissimo hype. Tutti ne parlano come di un interessante progetto che analizza in chiave comica le più grandi insicurezza delle giovani generazioni, FOMO in primis. Se state avendo paura di perdervi un capolavoro, tranquilli. Potrebbe non essere così.
A cura di Grazia Sambruna
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Supereroi, non ce ne libereremo mai. Su Disney Plus è sbarcata la serie Extraordinary, otto puntate in cui non esistono "babbani" ma solo persone con grandissimi poteri sovrumani. Al compimento dei 18 anni, il "dono" speciale di ognuno di loro si rivela come per magia e, da quel momento, sono destinati (o condannati) a essere straordinari. Tutti. Tranne Jen, la venticinquenne protagonista che ancora non ha sviluppato alcuna capacità particolare: non vola, non legge nel pensiero, non si teletrasporta, non parla coi trapassati. In poche parole: è una fallita.

Per se stessa e per la società in cui vive, famigliari in primis. Extraordinary vuole essere una comedy dolce-amara sul senso di inadeguatezza che spesso e malvolentieri opprime ognuno di noi quando guardiamo le vite degli altri e ci sentiamo inferiori. La metafora è evidente e non manca qualche siparietto divertente, oltre agli inevitabili spunti di riflessione di rito.

Se Extraordinary parte da un'idea interessante, ossia quella di "normalizzare" i supereroi all'interno della società senza renderli carogne come quelli di The Boys (Prime Video), ma individui comuni, perde poi appeal di puntata in puntata, annegando in troppe pozzanghere di retorica. Il messaggio è forte e chiaro, in tutta la sua banalità: il vero superpotere è quello di essere se stessi. Ma tale dogma, ribadito oramai allo stremo, a momenti perfino nei claim pubblicitari delle compagnie idrauliche, non riesce a fare la differenza e resta stanca eco di qualcosa che siamo fin troppo abituati a sentire per poterla apprezzare davvero.

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Gli sceneggiatori, dopo la brillante intuizione per il plot del progetto, vi si sono accomodati sopra pensando, con ogni probabilità, che si sarebbe scritto da solo. La stessa Jen è un personaggio copia-carbone dell'inarrivabile protagonista di Fleabag, solo più giovane e petulante. Egoista e autoriferita, è difficile entrare in empatia con lei. Soprattutto per il fatto che il suo personaggio sia mosso da un unico scopo: trovare il modo di accalappiare il superpotere che non le si è ancora palesato. Per farlo, bistratta amici, ignora amori, si fida delle persone sbagliatissime, è pronta a sborsare cifre che non ha, mettendo chi le sta vicino in situazioni imbarazzanti.

La voracità di Jen cannibalizza l'intera serie e, per quanto ne sia il focus, è un peccato: il circondario di personaggi che le gravitano intorno viene fin troppo spesso relegato a puro circo caricaturale. Quando, invece, avrebbe potuto offrire grandi soddisfazioni, se lasciato libero di esprimersi. Si poteva andare oltre la mera gag, insomma, ma a monte è come se fosse stato deciso di non farlo. Questo non significa certo che non si rida durante gli otto episodi di Extraordinary, anzi. Ma quella che poteva essere una serie profonda, dissacrante e provocatoria, resta invece, fatta salva qualche battuta brillante ben assestata, negli argini della gradevolezza. Tutto scorre, nulla rimane davvero impresso come qualcosa di cui consigliare assolutamente la visione ad amici e parentado.

Decisamente al femminile, i personaggi maschili sono poi ritratti come minus habens che, superpoteri o no, dimostrano puntualmente di riscontrare enormi difficoltà a ritrovarsi le terga con le mani. Peccato. Peccato perché, in questo modo, una metà della gloriosa cricca di protagonisti finisce per fungere solo da riempitivo comico e nulla più. Per altro, dimenticabile. Eccezion fatta (no spoiler) per l'uomo-gatto, l'unico personaggio di cui, sullo scorrere dei titoli di coda finali, si vorrebbe davvero sapere qualcosa in più. Tenero, stralunato e pressoché inedito, avrebbe meritato maggior presenza in scena. A giudicare dal cliffhanger conclusivo, dovremmo prepararci a una Extraordinary 2.

In definitiva, è una serie intelligente ma poco ispirata. Un compitino svolto dando un'occhiata ai trend social del momento (empowerment femminile, FOMO e compagnia hashtaggante) forse ritenendo che ciò potesse bastare, senza troppi sforzi aggiunti, a tenere insieme una sceneggiatura indimenticabile. Mancando, invece, l'obiettivo e risultando l'esatto contrario.

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Sto scrivendo. Perennemente in attesa che il sollevamento di questioni venga riconosciuto come disciplina olimpica.
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