È meglio seguire il cuore o la testa? Una domanda che almeno una volta nella vita ci siamo posti tutti di fronte a una scelta importante, Emily Cooper compresa. Lavorare per Savoir o assecondare le idee strampalate del suo capo americano Madeline? Alfie o Gabriel? Parigi o Chicago?
Emily in Paris 3 risponde a tutte le domande rimaste in sospeso con i vecchi episodi, se non fosse che è tutto così tremendamente banale e scontato. In questa terza stagione della serie non c'è nulla che spinga lo spettatore ad andare avanti nel guardare i dieci episodi perché è come se sapesse sempre quale direzione prenderà la storia. Le scelte della protagonista, interpretata da una meravigliosa Lily Collins, sono decisamente troppo prevedibili e finiscono quasi per annoiare, tanto che si vorrebbe mandare avanti gli episodi o comunque lasciarli in sottofondo mentre ci si dedica ad altro.
Dopo aver cercato di fare due lavori contemporaneamente ed essere finita col perderli entrambi, Emily riesce a riconquistare un posto nell‘agenzia di marketing di Sylvie (che non si chiamerà più Savoir ma Grateau) dove dovrà darsi da fare per recuperare i clienti perduti. La sua vita sentimentale sembra ritrovare stabilità con Alfie, ma l'ombra di Gabriel si fa sempre più presente. Un "fantasma"- anche se forse sarebbe più corretto dire uno chef in carne e ossa- che appare nella vita dell'"americana a Parigi" come l'amico fidanzato, con cui è impossibile non notare un'intesa che grida "ehi, i miei sentimenti per te non sono acqua passata".
Una storia già scritta e una protagonista alla quale sembra andare tutto per il verso giusto. Sempre. Il risultato? Una vita un pò troppo perfetta in cui le difficoltà (le rare volte che ci sono, sia chiaro) sono sempre di facile risoluzione, al limite del surreale.
Ci sono però due cose che non stancano mai: Parigi e gli outfit di Emily Cooper. La città dell'amore per eccellenza non perde il suo fascino nemmeno nella terza stagione, con inquadrature romantiche e suggestive persino degli angoli più nascosti. E menomale che Parigi c'è: rende tutto più magico e lascia quel tocco di fascino a una storia che altrimenti di affascinante non avrebbe niente. Anche i look della protagonista sono sempre una delizia per gli occhi, frutto di un attento lavoro tra la sceneggiatrice e Lily Collins. Colorati, eccentrici, in grado di osare e sempre adatti a ogni occasione, persino un cocktail in piscina o una romantica tenuta in Provenza.
Alla fine quel che viene da chiedersi di questa terza stagione è: "Ne avevamo davvero bisogno?". É tutto così uguale alle altre, pieno di cliché, con una narrazione lenta, diluita, patinata. Unico piccolo colpo di scena (se così si può considerare) è il finale, non nella sua interezza, ma solo la parte in cui Gabriel fa una rivelazione inaspettata ad Emily. Finale che lascia un appiglio per la quarta stagione, ad oggi confermata. La nostra testa ci dice di smettere di guardare, di cambiare genere, mentre il nostro cuore è notoriamente più romantico e vuole sapere come andrà a finire. E quindi, cuore o testa? In ogni caso, Emily In Paris 3 è un ottimo compagno di leggerezza per le vacanze di Natale ormai alle porte.