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Opinioni

Call My Agent – Italia non è Boris ed è il miglior remake italiano visto finora

Call My Agent – Italia, la serie comedy disponibile su Sky e Now da venerdì 20 gennaio è il miglior remake italiano visto finora. L’autoironia con cui i grandi nomi dello spettacolo nostrano da Favino a Sorrentino hanno interpretato se stessi prendendosi in giro senza sconti è la più grande e spiazzante forza del progetto.
A cura di Grazia Sambruna
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Paolo Sorrentino in Call my agent - Italia
Paolo Sorrentino in Call my agent – Italia

Finalmente un remake seriale per cui non provare imbarazzo. Dopo le piuttosto recenti e senza dubbio tristanzuole produzioni Rai Vostro Onore (da Your Honor con Bryan Cranston di Breaking Bad) e soprattutto Noi (dall'amatissima This is Us), che avevano falcidiato sia i progetti originali che il livello di sopportazione dei telespettatori, ecco arrivare Call My Agent – Italia, su Sky e Now da oggi, venerdì 20 gennaio. Diretta da Luca Ribuoli, lo stesso regista della temibile versione italiana di Noi, ma tratta da Dix Pour Cent (2015-2020), l'originale francese ideata dalla sceneggiatrice Fanny Herrero, ogni puntata ha per protagonista un blasonatissimo nome dello spettacolo nostrano: Pierfrancesco Favino, Paola Cortellesi, Stefano Accorsi, Matilda De Angelis, Corrado Guzzanti e perfino il Premio Oscar Paolo Sorrentino, quest'ultimo al centro del secondo episodio, la punta di diamante dell'intera serie. Di cosa parla Call My Agent – Italia e in che percentuale è il caso di gridare al miracolo?

La serie ruota attorno alla CMA, una (fittizia) agenzia romana che gestisce i più grandi nomi dello showbiz nostrano. Chi ci lavora è pronto a tutto pur di star dietro alle bizzarrie dei propri celeberrimi assistiti, nonché a chiudere per loro contratti milionari, in barba alla concorrenza e ai (non pochi) colpi di testa degli stessi.

Si parte da una sceneggiatura in titanio, quella dell'originale Dix Pour Cent, e gli amanti della serie francese si troveranno di fronte a parecchi deja-vù: la struttura di ognuno dei sei episodi, come molto spesso anche le trame e perfino le battute sono identiche a quelle della serie-maman. A fare la differenza, però, è che questa volta troviamo prestigiosi attori italiani disposti a mettersi in gioco, interpretando se stessi seguendo i cliché che li accompagnano, volenti o nolenti, fin dall'inizio delle loro carriere. E tale autoironia non era per nulla scontata, almeno per come ce li siamo sempre immaginati. Così vediamo un fin troppo camaleontico Favino inciampare nella corsa all'interpretazione di qualsiasi ruolo, uno Stefano Accorsi vulcanico e iperattivo perennemente pieno di "idee" pronte a mandare ai matti l'intera agenzia, nel tentativo di stargli dietro ed evitargli penali milionarie. Matilda De Angelis inciampa in una shitstorm social per un hashtag che si sarebbe potuta evitare, Paolo Sorrentino attacca meravigliosi pipponi filosofici come fosse Antani ma tutti pendono dalle sue labbra perché nessuno ha il coraggio di dargli torto, mentre a Paola Cortellesi tocca imparare l'etrusco per un'importante produzione americana ma le cose non vanno come previsto. E spiegarglielo sarà arduo compito del suo agente, Gabriele, interpretato da Maurizio Lastrico.

Maurizio Lastrico
Maurizio Lastrico

Il focus è sugli attori e viene dato meno spazio alle dinamiche interpersonali tra gli agenti, molto più approfondite nella serie originale. Per quanto questo sia un mezzo peccato, non intacca la godibilità del progetto. Progetto che, a livello di scrittura, diviene realmente imperdibile nei momenti in cui si innestano personaggi e dinamiche inedite, anche perché sono squisitamente italiane: vedere in azione l'attrice per mancanza di parti Luana Pericoli a cui dà voce e impertinenza alla romana una meravigliosa Emanuela Fanelli, vale l'intero abbonamento Sky. L'episodio, il sesto, di cui è protagonista insieme a Corrado Guzzanti riesce a far toccare alla commedia delle corde più introspettive e insospettabilmente delicate, tra una risata e l'altra.

Mentre gli agenti vivono con lo spauracchio di non riuscire a intercettare, tra le sceneggiature che vengono proposte, il nuovo "Perfetti Sconosciuti", sono falcidiati da telefonate e mail che richiedono insistentemente attrici e sceneggiatrici per realizzare "la Fleabag italiana", grande utopia che il nostro intrattenimento sta in effetti inseguendo da anni, con risultati dalle parti del disperante. Se sarcasmo e autoironia non mancano, forse il difetto congenito di Call My Agent – Italia è quello di essere un filo troppo buonista: le situazioni si risolvono quasi puntualmente con un "volemose bene" e dubitiamo che nel mondo dello showbiz le cose vadano proprio così. Se un'attrice non viene richiesta da anni e anni, per esempio, troviamo fantascientifico che possa rimanere in scuderia perché l'agente che se ne occupa non se la sente di darle il benservito. Queste, però, sono piccolezze.

La puntata con Pierfrancesco Favino e la moglie Anna Ferzetti
La puntata con Pierfrancesco Favino e la moglie Anna Ferzetti

Call My Agent – Italia funziona perché mostra i più grandi attori e registi su piazza prendersi in giro come mai sospettavamo avrebbero potuto o voluto fare. Caricature di se stessi, è evidente quanto si siano divertiti a raccontarsi in modo così parodistico e disincantato. Questo divertimento emerge cristallino e arriva in purezza al telespettatore, coinvolgendolo in situazioni assurde, rocambolesche ma pure pressoché verosimili, tutto sommato.

Per quanto anche qui si mostri il lavoro di chi sta dietro le quinte, la serie ha in comune con Boris giusto Corrado Guzzanti come membro del cast. Se vi aspettate altre analogie con la fuoriclasse italiana, siete fuori strada. E, con ogni probabilità, rischiate di rimanerne delusi. C'è moltissimo materiale da meme, non mancano interpretazioni nate per intrattenere grazie a un ritmo serratissimo di boutade vincenti e surrealtà, ma Boris resta altro campionato. Quello per Call My Agent – Italia non è, in definitiva, un "entusiasmo immotivato", prendendo in prestito un'espressione che Paolo Sorrentino userà nella serie. Ma se già con il "10 %" si ride di gusto, la speranzosa attesa di un convincente progetto comedy 100 % made in Italy si fa sempre più urgente. Non se ne vede uno, appunto, dai tempi di Boris. Correva l'anno 2007.

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Sto scrivendo. Perennemente in attesa che il sollevamento di questioni venga riconosciuto come disciplina olimpica.
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