Lo strazio di vedersi sottrarre la Birkin, le difficoltà a pronunciare la parola “vagina” in uno spot, l’insostenibile pesantezza di essere così borghesi e opulente da non riuscire a comprendere il mondo fuori dalla propria bolla dorata. And Just Like That 2 ecco protrarsi il vilipendio di Sex and the City anche in questa seconda stagione i cui due primi episodi sono disponibili da venerdì 23 giugno su Sky e Now. In totale, le puntate saranno undici e le abbiamo viste in anteprima. Se non si fosse ancora pienamente percepito, non abbiamo buone notizie dal fronte Carrie Bradshaw e consorelle Miranda-Charlotte. Anche i nuovi personaggi innestati per allungare il brodo, non fanno nemmeno un'unghia di Samantha Jones, ossia l’attrice Kim Cattrall che dopo aver snobbato il primo capitolo della saga, compare in questa seconda parte solo per un cameo rapido e incolore.
Iniziamo subito dalla protagoniste: visti i fasti a cavallo tra gli anni Novanta e i Duemila, da Carrie, Miranda e Charlotte forse ci aspettavamo qualcosa di più. Se la Grande Mela è sempre stupefacente e ricchissima di opportunità, il magico trio si è involuto in sterile macchietta del passato. L’idea è che si sia speso più in outfit da urlo che in sceneggiatori volenterosi, quando invece un tempo c’era almeno almeno il medesimo budget per entrambi i reparti. Così, tutto ciò che rimarrà in mente, per esempio riguardo ai primi due episodi, sarà la pochette a forma di piccione di Carrie Bradshaw (Sarah Jessica Parker), tra l’altro mai così insopportabile.
Insopportabile perché, nonostante il tema dell’elaborazione del lutto pur sviluppato con “fabiovolate” da antologia del banale, la vediamo principalmente intenta a scansare fatiche, inventare scuse per evitare di lavorare salvo poi dispensare saggi consigli alle amiche, come fosse la sottospecie di guru che nei fatti è sempre stata. Ma più impigrita e incoerente. L’entusiasmo per gli uomini, però, continua a non mancarle come quello verso gli abiti favolosi. Così resta lì, cristallizzata in una pallida eco di ciò che fu. Rinchiusa dall’interno nella strepitosa cabina armadio che è, a conti fatti, la sua vita.
Miranda (Cynthia Nixon) è il personaggio che è cambiato maggiormente con una svolta fluida che, già nella scorsa stagione, era sembrata un filo forzata. Ora, più che altro, dispiace. Dispiace osservare la sua involuzione da donna in carriera a mera propaggine della fidanzata non binaria e famosa Che Diaz (Sara Ramírez). Passa le giornate a non fare assolutamente nulla, salvo qualche hobby temporaneo, vivendo in funzione della dolce metà. Saranno anche una bella coppia, ma l’equilibrio manca.
Infine, Charlotte (Kristin Davis) è la protagonista messa peggio: seppur sempre gentile e disponibile, anche la sua quotidianità scorre vuota da far spavento. Con il solo brivido delle bizze generate dalle figlie adolescenti alla scoperta del gender e del concetto di privilegio (contro cui si battono, pur vivendo nella più soffice bambagia). Charlotte potrebbe fare molto di più, per esempio qualcosa, rispetto a starsene attavolata a osservare e commentare le vite delle altre. O a tenere d’occhio l’ombelico del marito. Eppure, non è così. Le loro esistenze, dunque, restano ricchissime e super agiate, ma tutto fuorché invidiabili. Un bel problema.
Per il venticinquesimo anniversario dalla nascita di Sex and the City, si pretendeva un regalo migliore. Per quanto oramai fosse ben chiaro l’obiettivo del progetto: cannibalizzare il “brand” all’inverosimile, come dimostrarono già i due film al cinema (2008 e 2010) e perfino, in tempi più recenti, la serie prequel The Carrie Diaries, cancellata alla seconda stagione (2014). Un vilipendio che prima o poi avrà fine, al netto del frettoloso plot twist romantico-svogliato che il finale pur riserverà. Una sorpresa inaspettata, ma comunque dalle parti del superfluo spinto. L’unica fortuna, in fin dei conti, è che su Sky e Now siano disponibili tutti gli episodi di Sex and the City per un rewatch dei bei tempi andati. Tra l’altro, spesso molto più attuali della proposta odierna.
C'è una enorme differenza tra leggerezza e superficialità e qui, purtroppo, quest'ultima ha sempre la meglio. And Just Like That 2 prova a misurarsi con la contemporaneità ma non ha più lo stesso mordente, non riesce a leggerla e, alla fin fine, suona come un boomer che tenta di comprendere il mondo che gli gira intorno, fallendo miseramente tramite un post su Facebook scritto in caps lock. La diluizione delle protagoniste in petulanti echi del passato rende l’intera stagione una specie di stencil privo di sostanza. Restano solo coloratissimi contorni, mentre di dialoghi e dinamiche coinvolgenti non si scorge nemmeno l’ombra lontana.