Abbott Elementary 2, la premiata “Boris” tra i banchi di scuola che in Italia fatica a farsi seguire
“Potremmo non fare tutto. Ma quello che possiamo, sì”. Abbott Elementary 2 è approdata su Disney Plus il 1 marzo e aveva da dimostrare di essere all’altezza della precedente che, candidata a ben sette Emmy Awards, se ne era portati a casa tre. Senza contare le cinque nomination ai Golden Globes dove trionfò anche come Miglior Comedy. Nonostante il clamoroso successo oltreoceano, in Italia di Abbott Elementary si parla ben poco. Vi avevamo già consigliato la prima stagione come chicca da recuperare nel tempo libero e, buone notizie, il secondo capitolo della saga scolastica americana che procede tra satira e denuncia sociale, è cinicamente all’altezza del suo illustre predecessore. Vediamo perché questo gioiellino à-la "Io speriamo che me la cavo", meriterebbe davvero di diventare più popolare anche qui da noi.
I protagonisti di Abbott Elementary sono gli insegnanti della scuola pubblica che dà il nome alla serie. I nostri eroi, la cui mascotte è la sempre fin troppo ottimista Janine Teagues (Quinta Brunson), si ritrovano a dover lavorare in condizioni da incubo: i fondi per sovvenzionare l’istituto non ci sono mai e manca pressoché tutto (alle volte perfino i bagni!), tranne la loro determinazione. A inguaiare ulteriormente una situazione già sull’orlo del tracollo, la tremenda Preside Ava Coleman (Janelle James) molto più affezionata a veder aumentare i propri follower su Instagram che a bonificare il pantano in cui annaspa la scuola. E dunque quand’è che si ride? Sempre.
La caratteristica più incoraggiante di Abbott Elementary è quella di partire da una trama che potrebbe benissimo essere drammatica, trovandone in ogni occasione spunti esilaranti. L’interazione tra gli insegnanti e i loro intestini scontri generazionali è ciliegina sulla torta di una serie che, al netto delle sciagure, non fallisce mai la propria missione di rendere divertente qualunque avversità. A metà strada tra Scrubs – Medici ai Primi Ferri e Modern Family, la showrunner Quinta Bronson ha voluto ricreare l’universo misero e claudicante, senza ombra di dubbio copia carbone di quello reale, della scuola pubblica americana attraverso uno sguardo disincantato e leggero. Un po’ come avveniva in Orange is the New Black, la denuncia sociale, di risata in risata, si fa ancora più graffiante ed efficace.
Azzeccare tale formula è incantesimo che riesce a pochi. Tutti, invece, non avranno difficoltà a riconoscersi nei personaggi che lottano ogni giorno al suono della campanella presso la Abbott Elementary. Chiunque di noi, infatti, avrà ben presente quella condizione, percepita o effettiva, di dover lavorare “nonostante”. Ed è così che questa scuola elementare diventa metafora di un qualunque ufficio, collaborazione part time, stage poco retribuito. Di puntata in puntata, ci si addentra sempre più in una atmosfera à-la Boris tra i banchi di scuola, dove i protagonisti, però, per tirare avanti non hanno nemmeno l’incitamento del mitologico “Dai! Dai! Dai!” di René Ferretti.
Abbott Elementary funziona proprio perché mostra, divertendo, come sia possibile, se non strettamente necessario alla sopravvivenza, riuscire a cavarsela nonostante le difficoltà. E quanto, in fin dei conti, possano essere perfino buffe, le suddette difficoltà, viste da fuori. Contare sugli altri, colleghi compresi, alle volte si può, ma il peggior scenario possibile è sempre dietro l’angolo e troverà il modo di manifestarsi alla prima occasione. Lasciarsi scoraggiare non è un’opzione, danzare nel caos, invece, resta l’unica alternativa efficace. O, se non altro, divertente. Da qui, lo spunto, l’improvvisazione, spesso anche fantozziana, che farà portare a casa la giornata, pure oggi.
La durata delle puntate – ciascuna da 20 minuti – aiuta e non poco la fruibilità della narrazione. I primi dieci episodi della seconda stagione sono già disponibili su Disney Plus e altrettanti ne approderanno sulla piattaforma nei prossimi mesi a completare l’opera. Ottima per una serata spensierata, tutto l’endorsement di cui abbiamo bisogno.