TSQV, Gianpietro Ghidini: “Mio figlio morto in un fiume per via della droga, volevo raggiungerlo”
Sabato 11 novembre, su Canale 5, è andata in onda la semifinale di Tu Si Que Vales. Tra le vare storie della puntata anche quella di Gianpietro Ghidini che ha commosso i giudici. L'uomo, 62 anni, ha peso il figlio nel 2013 e ha deciso di trasformare il suo dolore il qualcosa di positivo, affrontandolo e aiutando gli altri a fare lo stesso.
La storia di Gianpietro Ghidini a Tu Si Que Vales
Gianpietro Ghidini è salito sul palco e, davanti ai giudici, ha raccontato la sua storia personale: nel 2013 il figlio 16enne Emanuele è morto gettandosi in un fiume a Gavardo, vicino a Brescia, dopo aver assunto droga. Il dolore, per il padre, è stato talmente forte che ha pensato a sua volta di togliersi la vita:
Io sono qui per lanciare una sfida un pò atipica, contro il nemico visibile, che tutti temiamo e incontriamo prima o poi nella vita, che è il dolore. Dieci anni fa mi sono trovato sopra un fiume, a Gavardo, in provincia di Brescia. Mi avevano appena raccontato che mio figlio Emanuele, di 16 anni, dopo aver preso una droga sintetica a una festa con degli amici più grandi, si era buttato in quel fiume ed era annegato. Mi sono trovato faccia a faccia con quel dolore che mi diceva "buttati", perché così avrei potuto cancellarlo per sempre, ma l'amore per mio figlio mi ha fermato.
Come Gianpietro è riuscito a superare il dolore
Con la voce rotta per l'emozione e davanti agli occhi lucidi dei giudici, Gianpietro ha spiegato, poi, come è risuscito a trovare di nuovo il senso della sua vita dopo la morte del figlio Emanuele:
Sono tornato a casa per capire se la mia vita poteva ancora avare un senso, perché il senso fino a quel momento era stato la ricerca del successo, delle cose belle, del denaro. Pensavo che la felicità fosse quella, poi ho iniziato a capire che se non crescevo come essere umano, era inutile che crescessi da un punto di vista economico.
E così, in seguito a un sogno in cui ha immaginato di salvare il figlio dal fiume, il 62enne ha scritto un libro su quello che gli è accaduto e ha deciso di fondare un'associazione, con lo scopo di aiutare i giovani che assumono sostanze:
Sono tornato a casa e dopo due giorni ho ricevuto quella risposta. Ho sognato Emanuele, ho sognato che mi buttavo e lo salvavo, tirandolo fuori. Ho sentito una grand energia e ho avuto tutto chiaro: mio figlio mi stava dicendo ‘salvati, prova a cambiare la tua vita'. Allora scrissi una lettera che è contenuta in un libro e gli promettevo che avrei creato un'associazione per salvare i giovani. Il dolore non deve essere una cosa da cui fuggi, ma qualcosa da accogliere e affrontare. Ho capto che usare una parole, l'amore. Amati.