“Tornò vivo da uno tsunami, peccato”. La satira su Ranucci indigna suo figlio: “Per fortuna per il Paese è ancora qui”
Non è passato inosservato il trafiletto di satira su Sigfrido Ranucci comparso sul “Foglio”. Intestato Andrea’s version, arrivava il giorno dopo la puntata-scandalo contro Berlusconi contro cui ha protestato la stessa Marina, tornando allo tsunami del 2005 a Sumatra, dove Ranucci si era recato per raccontare quello che stava accadendo: "Purtroppo sembrava fatta. E’ riuscito a tornare”. Recita così l'editoriale sul conduttore di Report, che ha portato alla reazione pubblica dello stesso Ranucci e anche di suo figlio, il quale ha indirizzato una lettera pubblica all'autore del testo, Andrea Marcenaro.
La satira sul Foglio contro Ranucci
Il tersto di Marcenaro recitava nel dettaglio: “Sigfrido Ranucci, Report, giornalista multipremiato per l’imbattibile frequenza con cui da decenni mette quintalate di merda nel ventilatore, conduttore e protagonista televisivo seguitissimo dagli italiani di razza che non se la bevono, da quelli che si controinformano, insignito anche per questo del Premio Montefiascone, venne tempestivamente inviato a Sumatra per lo tsunami dell’Oceano Indiano: giorno dopo giorno, 250 mila morti. Ogni giorno a migliaia, per molto tempo. Era il 2005, per Ranucci purtroppo sembrava fatta. E’ riuscito a tornare”.
La risposta del conduttore di Report
A poche ore dalla pubblicazione è lo stesso Ranucci a far notare il trafiletto condividendolo sulle sue pagine social: "IL FOGLIO CHE SI DISPIACE CHE IL SOTTOSCRITTO NON SIA MORTO . Tra tutti gli attacchi di questi giorni dopo la puntata sulla Mafia e ciò che sta accadendo in Palestina. Spunta questa perla. Questo è lo stesso giornale che accusava il governo di non fare nulla per la liberazione di #cecilisala, per la quale tutti siamo stati apprensione e abbiamo pregato. Ora si mostra dispiaciuto che io non sia morto. La Sigfrido’s Version, di fronte a un articolo così infame, davanti al quale nessuno proverà vergogna, è quella di un sorriso e fare i dovuti scongiuri. E con me, li fanno tutti i miei cari".
La lettera del figlio Emanuele Ranucci
Oltre alle parole di Ranucci, poco dopo arriva anche la risposta all'autore del pezzo di satira direttamente dal figlio di Ranucci, che si rivolge direttamente a Marcenaro con queste parole, ricordando quei giorni del 2005: "Caro Andrea, fortunatamente mi sono imbattuto così poche volte nelle pagine del "giornale" in cui scrivi da non sapere né il tuo cognome né se tu – spero vivamente per la categoria di no – sia un giornalista professionista o un comico satirico, sono il figlio di Sigfrido Ranucci e nonostante alcune volte me ne sorprenda anche io, non sono ancora orfano di padre.
Vivo da sempre con il pensiero, il timore che ogni volta che saluto mio padre possa essere l'ultima, del resto credo sia inevitabile quando vivi per decenni sotto scorta, quando hai sette anni e ci sono i proiettili nella cassetta della posta di casa tua, quando vai a mangiare al ristorante e ti consigliano di cambiare aria perché non sei ben gradito nella regione, quando ti svegli una mattina e trovi scientifica, polizia, carabinieri e DIGOS in giardino perché casualmente sono stati lasciati dei bossoli, quando ricevi giornalmente minacce, pacchi contenenti polvere da sparo e lettere minatorie, o semplicemente quando ti abitui a non poter salire in macchina con tuo padre". Il testo prosegue così:
Ricordo perfettamente il periodo dello Tsunami e dell'isola di Sumatra, che giusto per precisione si trova in Indonesia e non India, quando papà con il parere contrario del suo Direttore Roberto Morrione decise di raccontare la vicenda in uno dei luoghi più martoriati dalle inondazioni, lontano dalle comodità e dai luoghi privilegiati dai quali tutti i media scrivevano.
E' uno dei primi ricordi di cui ho contezza, avevo 5 anni, mia sorella 6, mio fratello forse 8, eravamo in macchina, erano circa 40 ore che nessuno riuscisse ad avere contatti con papà, mamma tratteneva le lacrime a fatica, sola con noi tre, faceva finta che andasse tutto bene, forse è stata la prima volta che ho avuto la sensazione che dovessi percepire la vita con papà come se fosse a tempo, con una data di scadenza.
Ebbene sì, è tornato sano e salvo e a distanza di 20 anni purtroppo per te, Andrea, per fortuna per noi e credo di poter dire per il paese è ancora qui, a svolgere il suo lavoro come sempre, vivo e vegeto anche se in tanti lo vorrebbero morto.
Il morto del giorno è il giornalismo italiano, ancora una volta, e chi è l'assassino è evidente a tutti.