Non c'è programma televisivo attualmente in onda che sfrutti i sottotitoli meglio di Temptation Island. Un tempo concepiti solo come strumento accessorio e ausiliario, oggi i sottotitoli rappresentano un mezzo espressivo. Il reality Mediaset ne è pieno, scritte in sovrimpressione utili sia per decifrare le parole di due che fanno stranissime mosse per evitare a tutti i costi di baciarsi e sussurrano cose incomprensibili forse anche a loro stessi, sia per decriptare le espressioni dialettali. Soprattutto il napoletano.
Nonostante paia esserci un certo equilibrio nella rappresentazione della varietà territoriale a Temptation Island, il napoletano sembra imporsi in modo prepotente tra i dialetti che più si prestano alla cultura dei meme, i frammenti di video sui social, gli sticker che circolano nelle chat di WhatsApp. Potrebbe apparire un aspetto secondario della trasmissione, ma in realtà si tratta di materiale che ha un'importanza cruciale per il programma condotto da Filippo Bisciglia, che non a caso ha trovato nei brevi contenuti ironici e virali in rete un acceleratore di riconoscibilità.
È di certo una distorsione percettiva, un luogo comune che come tutti i luoghi comuni fa leva su una percezione. Ma a testimonianza di questa affinità tra Temptation Island e il napoletano c'è sicuramente il modo in cui spesso si ironizza sulla trasmissione. Chi, dovendosi immaginare un concorrente tipo del reality, priverebbe questo esercizio di fantasia della caratteristica del dialetto napoletano? La declinazione partenopea è una sorta di versione premium di Temptation Island, l'espressione più raffinata del programma targato Fascino di Maria De Filippi.
Il successo di Temptation Island e questo tempo di rinnovato orgoglio linguistico napoletano sono eventi incrociatisi per caso, tra cui è nata una storia d'amore conclamata. Un'esplosione di sensi e, appunto, di meme. Dalla sintonia di questi due processi nasce il fermo immagine che congela in un sottotitolo la traduzione sbilenca di uno scioglilingua napoletano, proprio quello che circolerà nelle chat del gruppo d'ascolto per giorni, dimostrandosi il miglior carburante della trasmissione nella settimana che passa tra una puntata e l'altra.
Ancora più significativo e interessante è che enormi porzioni dei dialoghi in napoletano a Temptation Island, specie ai falò di confronto, vengano mandate in onda senza sottotitoli, nonostante espressioni dialettali molto marcate e di difficile comprensione per chi non mastica la lingua. L'esuberanza, d'altronde, gioca la sua parte fondamentale. I dialoghi in napoletano finiscono spesso per far emergere una teatralità connaturata, che è anche stimolata dal fattore di contesto in cui i concorrenti sono propensi alla disinvoltura, al lasciarsi andare a quella parola in più, a spingere sull'acceleratore della sfumatura dialettale, segno di autenticità. Sono, in definitiva, quelli che si fa più fatica a capire ma che, allo stesso tempo, sono comprensibili anche se non li capisci.
Insomma, il napoletano, nella gerarchia della sottotitolazione televisiva e web, è un dialetto trattato alla stregua di una lingua, nell'ottica del considerare la possibilità che lo spettatore sia disposto al patto di ascoltare qualcosa che non capirà, decifrandolo con l'ausilio dalla lettura. La Tv non costringe la persona inquadrata ad adattarsi alle circostanze linguistiche, ma si adatta, perché chi guarda è pronto a un intreccio tra codici.
A riprova di un interesse di mercato concreto verso il napoletano parlato, c'è da ricordare che proprio quest'anno il direttore artistico del Festival di Sanremo, Amadeus, ha scelto di cambiare il regolamento della kermesse per accogliere una canzone interamente cantata in dialetto. Geolier a Sanremo, a suo modo, è rappresentazione massima di questo fenomeno linguistico e della maggiore disponibilità verso l'espressione dialettale napoletana, campana in generale, ma anche verso le realtà particolari. Se una volta il dialetto andava tenuto a bada, oggi va lasciato libero. Una differenza netta, indice del nostro tempo.