La televisione è sempre una questione di opportunità, concetto che è stato stressato negli ultimi anni più che in qualsiasi altro momento della storia recente. Pandemia e guerre hanno sollevato più volte questo tema, ponendoci davanti ad una domanda cruciale in relazione alle vicende del piccolo schermo: è giusto cercare svago quando le notizie che ci piombano addosso raccontano di morte, sangue e stragi?
Una risposta univoca, evidentemente, non c'è. Lo stesso interrogativo si è posto il 27 ottobre, quando su Rai1, a ridosso della prima serata, irrompeva l'edizione straordinaria del Tg1 per raccontare dell'intensificarsi degli attacchi di Israele su Gaza che avvenivano proprio in quei minuti. A quella stessa ora sarebbe dovuto partire Tale e Quale Show, che per ovvie ragioni è stato in bilico, non essendoci reale percezione di quanto stesse accadendo e non essendo certi che il Tg1 avrebbe lasciato la linea a Carlo Conti pochi minuti dopo. Cosa che è regolarmente avvenuta, con il conduttore chiamato all'arduo compito di dare il via al suo programma, costretto a menzionare quanto raccontato pochi minuti prima nell'edizione straordinaria del Tg1, dato che Tale e Quale Show va in onda in diretta.
Abbiamo seguito tutti noi questa edizione straordinaria del Tg1, è calato il gelo e silenzio nel nostro studio, è difficile fare spettacolo e varietà ma dobbiamo andare avanti. Noi cercheremo di portavi come sempre svago e spensieratezza, con grande tristezza nei nostri cuori. A tra poco, come sempre, con Tale e Quale.
Con queste parole il conduttore ha dato il via al programma, nella scomodissima posizione di dover "giustificare" la messa in onda dello show nonostante i fatti in medio oriente. Ha fatto il suo lavoro, con professionalità.
È difficile stabilire quale sia il confine che svago e spensieratezza non dovrebbero mai valicare, quand'è che l'intrattenimento diventa inopportuno, quando lo show non dovrebbe andare avanti, smantellando il senso di una frase fatta di cui si fa spesso abuso. Una cosa è certa, gli anni da cui veniamo ci hanno educati a circostanze sconvolgenti, hanno aggiornato il nostro vocabolario con l'introduzione di parole che mai avremmo pensato di pronunciare – pandemia, quarantena, coprifuoco – ma anche ripristinato l'utilizzo della guerra come elemento di realtà quotidiana.
Esperienze che non hanno cambiato solo il modo di parlare, ma sono riuscite ad alterare le nostre sensibilità, con l'effetto di una generale anestesia al dolore che ha allargato il perimetro della tolleranza. La televisione, intesa come apparato, certe cose le sente e risponde di conseguenza. Inutile girarci attorno: senza alcun moralismo possiamo dire che probabilmente, anni fa, fatti come quelli che accadono in queste ore nella Striscia di Gaza avrebbero portato alla sospensione di Tale e Quale Show come di qualsiasi altro programma. Invece in tempi come quelli correnti, in cui immagini di guerra e distruzione giungono a noi in abbondanza e alta definizione attraverso uno smartphone, influenzando radicalmente l'emotività collettiva, questa regola non è più così scontata. Un ragionamento intrinseco impossibile da dichiarare, che rende tuttavia lecito, anzi "opportuno", quello che si è visto ieri sera su Rai1.