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Storie Maledette compie 30 anni, simbolo della Tv prima che il giallo diventasse intrattenimento

Il 18 settembre del 1994 nasceva il programma di Franca Leosini, diventato simbolo della Tv di allora, per poi rappresentare un’era in cui ciò che esondava dalla Tv per finire nei social diventava automaticamente cult. Storie Maledette unisce questi due momenti storici, anticipando un tempo in cui il giallo è diventato “materia di spettacolo”.
A cura di Andrea Parrella
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Oggi Storie Maledette compie 30 anni. Era il 18 settembre del 1994 quando Franca Leosini andava in onda per la prima volta con il programma che le ha cambiato la carriera in modo definitivo. Un prima e dopo non solo per il suo percorso, ma anche per la stessa televisione italiana, visto che Storie Maledette si impose, al tempo, come una sorta di spartiacque della televisione italiana. Negli stessi anni di Telefono Giallo, programma al quale Leosini lavorava come autrice, maturava in lei la convinzione di voler indagare i soggetti che i reati li avevano commessi. D'altronde è da qui che proviene il titolo Storie Maledette, come Leosini aveva raccontato in un'intervista a Fanpage del 2020:

Io entro nella vita delle persone, cerco di capirne il vissuto, l'ambiente in cui si sono formati, cosa abbia modificato la loro realtà umana facendoli passare da una normale quotidianità all'orrore di un gesto che non somiglia a quella persona. Nessuno tra i miei interlocutori è un professionista del crimine, si chiama Storie Maledette perché all'improvviso qualcuno cade in una maledetta storia.

Gli ultimi anni, in cui la televisione è diventata cult ogni volta che è esondata trovando sfogo nei social, hanno visto Franca Leosini diventare un simbolo assoluto, una sorta di icona per chi l'ha sempre seguita, ma anche per persone che 30 anni nemmeno li hanno compiuti. Una rinnovata celebrità che ha portato Leosini a essere anche qualcosa oltre se stessa, soverchiando involontariamente i casi in sé e rischiando di tradire la propria natura, pur imponendosi come un simbolo per il tono icastico delle sue domande, l'elucubrazione delle questione poste, la naturale predisposizione al meme. Cosa che Leosini non ha mai rigettato, ma anzi ha apprezzato, pur tenendosi distante dalla tentazione della celebrità: "Rifuggo dal termine successo, per me contano i risultati. Indubbiamente lavoro molto per ottenere riscontro, indipendentemente da come questo riscontro possa essere definito. Il successo lasciamolo allo spettacolo". 

A proposito di spettacolo, non pare un caso che Storie Maledette si ritrovi ad essere diventato un programma cult quasi vent'anni dopo la sua nascita. In un tempo come quello che viviamo, nel quale è in corso una spinta forte a rendere temi di giudiziaria e casi delittuosi di crimine "materia di intrattenimento", aveva detto sempre Leosini. La televisione si è indubbiamente impadronita del tema, forse fin troppo, per quanto il proliferare del tema in forma di serie Tv e podcast testimoni l'enorme interesse del pubblico. Quello di Leosini rappresenta, insieme a titoli come Chi l'ha visto? e Un Giorno in Pretura, una tipologia di programma che ha attraversato ere televisive, collegando l'era della Tv verità che caratterizzò Rai3 negli anni Novanta all'era multipiattaforma in cui abitiamo da qualche anno. Lo ha fatto, mantenendo una freschezza di linguaggio che ha garantito enorme longevità, sopravvivendo alla concorrenza di altri modelli, forse condizionandoli.

Tocca solo capire se Storie Maledette tornerà. Poco dopo l'irruzione del Covid nelle nostre vite, era stata la stessa Leosini ad annunciare nuove storie maledette, di cui poi non si è saputo altro. L'augurio è che potremo presto rivedere la giornalista in Tv. Nel frattempo, RaiPlay ci mette a disposizione, gratuitamente, tutte le stagioni.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.  
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