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Stefania Nobile: “Ho una patologia importante. Oggi ristrutturo e vendo ristoranti, guadagno bene”

Stefania Nobile si racconta di fronte a Francesca Fagnani nello studio di Belve. Dagli esordi da televenditrice insieme alla madre Wanna Marchi fino alla condanna al carcere, scontata, sottolinea, “nonostante una patologia importante”.
A cura di Stefania Rocco
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Stefania Nobile, figlia di Wanna Marchi, si è raccontato nello studio di Belve di fronte a Francesca Fagnani nella puntata in onda martedì’ 10 ottobre. Diversi i moneti destinati a diventare meme, come ci si aspettava da un ospite di questo calibro. Una su tutte la frase che ha conquistato gli spettatori: “La cocaina? Non mi sono mai fatta. È lei che deve farsi di Stefania Nobile”.

Stefania Nobile: “Non sono solo la figlia di Wanna Marchi”

Nobile rivendica una sua identità distaccata da quella della madre, nonostante il rapporto simbiotico tra le due. “Non mi sono mai sentita nell’ombra di mia madre. Per un periodo sono stata la figlia di Wanna Marchi, oggi ho un’identità”, rivendica convinta per poi aggiungere in seguito, “Quando sono con mia madre mi scatta un senso di protezione e quindi sono meno simpatica. Non sopporto che mi tocchino mia madre, la denigrino o la attacchino, in quel momento divento una belva. Adesso lei è dietro le quinte. Per la prima volta nella nostra vita, lei è la mia accompagnatrice. Il nostro rapporto è simbiotico. Parliamo tutto il giorno, ho avuto anche tre convivenze ma preferisco mia madre”. Proprio quel legame con la madre Wanna l’ha convinta a lanciarsi in un lavoro che non l’avrebbe mai convinta fino in fondo: “Le televendite non mi sono mai piaciute. Lo facevo perché stavo con mia madre ma non mi piaceva lavorare in tv.  Non sono stata la sua valletta, ma sua figlia. È diverso”.

La condanna e il carcere: “Ho una patologia a causa della quale altri fanno i domiciliari”

Nobile si è soffermata anche sulla patologia, già presente al momento della condanna. “Sapevo di fare qualcosa che non era perfettamente in linea con la legge”, ricorda, “All’inizio in carcere siamo state messe in infermeria perché ho una patologia importante. Nessun altro avrebbe fatto il carcere con quella patologia, sarebbe stato ai domiciliari, io ho fatto il carcere. All’inizio sembrava un sogno, tutto irreale. È diventata reale quando ho sentito la porta chiudersi e avevo solo una coperta sporca e un rotolo di carta igienica. Mamma e io ci siamo guardate, lei ha pianto da una parte e io dall’altra perché dovevano essere forti l’una per l’altra. In carcere sono cambiata. Prima ero molto str**. Mamma si sente in colpa per me ma sbaglia. Ero grande e vaccinata”. La patologia alla quale fa riferimento è l’artrite reumatoide a causa della quale Nobile ha subito diversi interventi chirurgici.

L’infanzia di Stefania Nobile: “Tremenda, in mezzo a botte e urla”

La mia infanzia è stata tremenda. Non la auguro a nessun bambino”, ha raccontato quando la padrona di casa le ha chiesto di ricordare i suoi anni da bambina, “Quando due persone insieme fanno danni, devono lasciarsi, ho vissuto un’infanzia in mezzo a botte, urla, ho visto le varie case che mio padre ha preso negli anni alle proprie amanti”. Il padre, quello biologico, resta una figura che non le manca: “Quando mio padre è morto non ho sentito niente. Me ne sono vergognata ma è così. Ho avuto la fortuna di avere un secondo papà che mi manca come l’aria”.

Gli anni d’oro: “Avevo tanti soldi ma non sapevo gestirli”

Nobile ha ricordato gli anni del boom, arrivati molto prima della svolta che le sarebbe costata il carcere: “Quando ci sono arrivati quei soldi addosso non sono stata in grado di gestirli. Avevo 7 macchine ma ne guidavo una. Guadagnavamo tanto e spendevo tanto. I miei amici hanno mangiato con quello che io gli ho dato. Non me li sono ritrovati quando è finita. Sono tornati adesso ma non li voglio”. Tanti soldi, racconta, sono anche quelli ricevuti da un giornale per il matrimonio in 4 con la madre Wanna: “Il matrimonio in coppia con mia madre? Lo abbiamo fatto perché un giornale ci ha dato tanti soldi. Il suo è durato 30 anni, il mio 3 mesi. Lo abbiamo fatto con la consapevolezza che in Italia non avrebbe avuto valore legale. Ci diedero 50 milioni di lire a testa. 200 milioni in totale”. Infine, Nobile ha fatto riferimento alla sua vita di oggi: “Oggi lavoro in Albania. Ristrutturo ristoranti e li vendo. Guadagno. Non arriverò mai alle cifre di prima ma non è nemmeno quello che vorrei. I soldi piacciono a tutti ma con la consapevolezza di oggi so che è sufficiente avere quelli necessari a vivere bene”.

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