
La chiesa cattolica è un’istituzione millenaria che non prevede la presenza di donne ai propri vertici. Le donne non possono celebrare messa, dare l’assoluzione dopo una confessione e, va da sé, non possono contribuire a eleggere il nuovo Pontefice. Il conclave, infatti, sarà una faccenda di soli uomini. Nemmeno un Papa progressista com’è stato Jorge Bergoglio, è riuscito a imporre una svolta nelle gerarchie ecclesiastiche aprendo al sacerdozio femminile o al vescovado per le donne. Se il suo pontificato verrà ricordato per certi versi come riformatore – per quanto possa esserlo un pontificato – lo stesso non si può dire sulle questioni legate alla parità di genere, come ha spiegato Jennifer Guerra.
Sarà per questo che nello speciale sulla morte di Papa Francesco, il giornalista Bruno Vespa ha deciso di mettere su un panel di soli uomini. Eccezionalmente, il pubblico dello speciale Porta a Porta era composto da sole donne, tutte suore le quali ascoltavano in “religioso” silenzio ciò che avevano da dire il conduttore e i suoi ospiti. Una suddivisione che nel caso di altri credi farebbe gridare allo scandalo proprio i conservatori italiani, che parlerebbero di invasione e pericolo per i nostri valori. Gli stessi però che su questo spettacolo davvero indecoroso, tacciono.
Fatta eccezione per un breve collegamento con Monica Maggioni e con una delle suore presenti in studio, l’intera prima serata di Rai Uno è stata affidata a voci maschili, presumibilmente etero e cisgender (sono cisgender le persone che si riconoscono nel sesso che viene loro attribuito alla nascita), una circostanza che per fortuna non è passata inosservata. Sui social è montata un’indignazione pressoché unanime per la decisione di Bruno Vespa, ma nemmeno ai vertici Rai è sfuggita questa discutibile scelta editoriale. In un una nota diffusa all’indomani della messa in onda, il consigliere Rai Roberto Natale – in quota opposizione all’interno del CdA – ha espresso tutta la sua contrarietà: “Neanche si trattasse di un conclave, lo Speciale dedicato alla morte di Papa Francesco ha messo a confronto – come già altre volte è capitato a Bruno Vespa – solo e soltanto competenze maschili”.
Come infatti sottolinea Natale, lo scorso anno durante una puntata sull’aborto, Bruno Vespa mise su una platea di soli uomini. Anche in quel caso i social si scatenarono soprattutto perché le immagini davvero valgono più di mille parole: in diversi screenshot che circolarono in quelle ore, si potevano vedere gli uomini in studio parlare sopra la gigantesca scritta “aborto”. Ma non è una novità nemmeno questa e non riguarda solo Porta a Porta: in una puntata del programma di approfondimento TvTalk, l’allora conduttore Massimo Bernardini invitò a commentare le dichiarazioni di Alfonso Signorini sull’interruzione di gravidanza Mario Giordano, Riccardo Bocca e, ça va sans dire, Bruno Vespa.
Per carità di patria occorre sottolineare che è sempre più raro vedere un parterre di soli uomini specie quando si tratta di questioni di genere. Il merito, in questo caso, è dell’opinione pubblica e in particolare dei social network, che hanno fatto pressione affinché conduttori e autori facessero attenzione al rispetto delle quote di genere (il “rosa” lasciamolo alle palette, vi prego). Ed è proprio per questo che quando accadono episodi come quello dello speciale sulla morte del Papa, l’eccezione salta subito all’occhio e fa scoppiare la polemica.
Per quanto in disuso, la pratica di avere solo ospiti uomini è dura a morire anche in spazi che in teoria dovrebbero essere meno ingessati della televisione. Come ha raccontato la serie Adolescence, il web pullula di contenuti misogini che fanno breccia nella sensibilità delle persone più giovani e in particolare dei ragazzi. Anche nei podcast la misoginia viaggia incontrastata tanto che, secondo molte analisi, i podcaster uomini sono stati determinanti per la vittoria di Donald Trump alle ultime elezioni presidenziali.
L’Italia non fa eccezione e per certi versi sulla televisione c’è più controllo che su ciò che viaggia in rete, anche perché la tv non si rivolge a una nicchia ma parla a un pubblico generalista, per questo è più facile che certe scelte come quelle di Bruno Vespa vengano individuate e segnalate. Eppure è evidente che nonostante ci sia molta sensibilità sui temi di genere, certi conduttori non riescano proprio ad accantonare una volta per tutte certe spiacevoli abitudini. Non servono i richiami della vigilanza Rai, né i commenti indignati da parte dei social. Neanche la progressiva disaffezione del pubblico sembra capace di far cambiare idea ad autori e conduttori, legati a certi automatismi fuori dal tempo che vedono nella mancanza di donne la manifestazione plateale di una tv incapace di rinnovarsi.
Per cambiare le cose, servono degli scossoni come quello dato da Rula Jebreal a Propaganda Live. Nel 2021, la giornalista decise di non partecipare al programma di Diego Bianchi e rese pubbliche le motivazioni della sua scelta: nella trasmissione, disse Jebreal, c’erano quasi sempre uomini come ospiti e alle donne, quando c’erano, spettava la parte delle “quote rosa”.
È vero che l’indignazione del pubblico serve, ma da sola non basta. Servono azioni forti da chi ha la visibilità e il potere per poterlo fare. Una parte della responsabilità su come stanno le cose spetta infatti a chi è in studio e che, quando si accorge di non avere interlocutrici donne, non fa nulla. Basterebbe farlo presente e, se necessario, andare via. È vero, sembra una scena di fantascienza: del resto chi vorrebbe inimicarsi uno dei giornalisti più popolari e potenti del servizio pubblico? Ma qualcuno prima o poi dovrà pure prendersi la briga di dare il buon esempio anche a costo di attirare su di se qualche critica. Del resto, come diceva qualcuno, la rivoluzione non è un pranzo di gala.
