Giornalista russa si scontra con Lilli Gruber: “Non è una guerra ma un’operazione speciale militare”
Il racconto della guerra in Ucraina continua a essere elemento centrale della televisione quotidiana, soprattutto a La7, con la puntata di Otto e Mezzo del 12 aprile che ha avuto come ospite la giornalista russa Nadana Fridrikhson, interpellata da Lilli Gruber per raccontare l'altro punto di vista, in questa guerra che è sempre più uno scontro tra propagande e versioni della realtà assolutamente inconciliabili tra loro. "La Russia non ha occupato il Donbass, ma ne ha riconosciuto l'indipendenza", dice Fridrikhson ribadendo un refrain della prima ora di questo conflitto, "l'obiettivo russo era proteggere le persone che abitano questo territorio". Poi la cronista russa, che come specifica Lilli Gruber lavora per un'emittente gestita dal ministero della Difesa, aggiunge:
Ho visitato Mariupol e parlato con le persone che hanno deciso di rimanere nei propri appartamenti. Non dico che tutti abbiano alzato bandiera rossa, ma molti di loro sono stati testimoni dei crimini commessi dal gruppo Azov e dai militari delle forze armate ucraine, come quello della clinica ostetrica n.3, dove c'erano tante donne che stavano per partorire e le forze armate hanno tolto il generatore di energia, dicendo che servisse per la guerra.
La guerra in Ucraina "un'operazione speciale militare"
Gruber chiede alla collega dell'uso del termine "guerra", domandandosi come definisca quanto accade da più di un mese e mezzo sul territorio ucraino: "La chiamo come tutte le persone che riconoscono ciò che è: un'operazione speciale militare". E davanti alle reazioni dei colleghi in studio, era presente anche Stefano Feltri, accusa palesemente gli ospiti: "Continuate a raccontare ciò che vi raccontano i vostri partner americani, altrimenti io non vedo nessuna spiegazione su come possiate affermare certe cose senza aver visto nulla sul campo".
Lilli Gruber: "Questo dibattito sarebbe impossibile in Russia"
A questa frase provocatoria arriva puntuale la risposta di Gruber, che sottolinea come questo dibattito, seppur basato su posizioni contrapposte, non sarebbe possibile in Russia: "Io personalmente mi fido di più di un giornalista del New York Times che lavora per un quotidiano con una lunghissima tradizione di giornalismo autonomo e indipendente, critico verso il potere, che opera in un paese dove la libertà d'espressione dei giornalisti viene tutelata e garantita molto più di quanto accada per un giornalista russo, costretto a utilizzare tutta una serie di parole e adottare verità costruite perché se non lo fa viene messo in carcere. Sono cose che qui non accadono ed è una differenza che devo ricordare". Nadana Fridrikhson chiude quindi la sua partecipazione invitando i colleghi a Mosca per verificare il loro operato:
Vi invito a venire a Mosca, nel mio programma, per vedere coi vostri occhi come lavoriamo.