Roberto Saviano sul caso Scurati: “Dove ca**o eravate quando è successo a me?”
Roberto Saviano è stato ospite a Propaganda Live per parlare del suo ultimo romanzo e per commentare il momento attuale in televisione con il caso Scurati (giusto ieri, la sua accusa al Tg1 e poi le scuse). L'intervento, però, si è trasformato in un'arringa che fotografa tutto lo scenario attuale: "Dove eravate quando bersagliavano me?
Le parole di Roberto Saviano
Roberto Saviano, come è noto, ha una puntata chiusa, girata e confezionata di Insider, presentata addirittura agli scorsi palinsesti autunnali, che è stata però bloccata. Roberto Saviano ha detto: "Quando è successa questa cosa a Antonio, ho detto: ‘Allora avete visto?!". Come mai, quando è stata fermata Insider, una trasmissione girata, montata, presentata ai palinsesti e poi chiusa, non c'è stata grande solidarietà?". Questo è il metodo di Orban, dice Saviano: "Identificare pochi e bersagliarli, la democrazia illiberale di Orban ha portato a questo".
Antonio (Scurati, ndr) dice una cosa saggia quando dice: "Mi sono visto con un bersaglio addosso", quando ha visto i giornali di Angelucci che con le prime pagine lo hanno bersagliato. Ma sono quindici anni che con me, Michela Murgia, questi giornali quasi ogni giorno pestavano. La mia domanda è: ‘ma dove cazzo eravate?'. La parte maggiore ha creduto a queste storie, loro sono riusciti a far credere che fosse una questione mia e basta. Io ho perso su questo. Sono stato portato a processo dalla Meloni, da Salvini e da Sangiuliano. Con Sangiuliano, però, ho vinto. Ma anche lì è sembrata una dimensione privata: "Se la va a cercare…". E tutto il resto intorno ha smesso di credere che mentre succedeva a me, poteva succedere a tutti gli altri.
"Oggi sono tutti preoccupati per la carriera, gli spazi sono pochi"
Il metodo, secondo Saviano, funziona anche perché il mercato non è più quello di un tempo: "Quando c'era l'editto bulgaro, la società civile era attiva, il mercato era florido, c'era possibilità di partecipazione. Oggi, gli spazi sono pochi. Sei costretto all'algoritmo di Google".
Non è che vogliono fermare veramente quello che tu dici, ma far temere le persone che il fatto che tu possa dire qualcosa di critica possa compromettere la tua carriera. I festival iniziano a essere freddi, gli editori preoccupati e tutto si collega al mercato. Quando c'era l'editto bulgaro, la società civile era attiva, il mercato era florido, c'era possibilità di partecipazione. Oggi, gli spazi sono pochi. Sei costretto all'algoritmo di Google. Non era così dieci, quindici anni fa, per ragioni economiche, non per forza morale. Dario Fo me lo diceva sempre: ‘mi bloccarono in Rai, i teatri si riempirono". Oggi non sarebbe così, è un problema di bilancia. Quando mi presento in tribunale e si presentano i miei amici scrittori, io sento che siamo pochi. Loro questo lo sanno.