Piero Marrazzo: “Hanno voluto schiacciarmi, ma le vere vittime di quello che è successo sono le donne trans”

Ospite della puntata di sabato 22 marzo di Verissimo è stato Piero Marrazzo. Il giornalista si è raccontato parlando del suo libro, Storia senza eroi, in cui racconta la sofferenza e anche la verità dello scandalo che lo ha travolto nel 2009, quando la sua vita privata è stata spiattellata in pubblica piazza, portandolo a dimettersi dal ruolo di Presidente della Regione Lazio. Un percorso, quello dell'ex volto Rai, che è durato anni, durante i quali ha provato a rimettere insieme non solo la sua famiglia, ma ha lavorato anche per ridare dignità a sé stesso. Ma, ammette, senza l'aiuto delle sue figlie non ci sarebbe riuscito:
Quando riesci a rompere un muro e lo fai insieme alle tue figlie, diventa qualcosa di importante, sono tre: Giulia, Diletta e Chiara. Se non ci fossero state, questo muro non lo avrei mai tolto, perché noi uomini sappiamo fare molte cose, ma se non c'è la forza femminile, non riusciamo ad andare avanti.
Lo scandalo che travolse Piero Marrazzo
La vicenda ebbe inizio il 23 ottobre 2009 quando si diffuse la notizia che Piero Marrazzo era ricattato da quattro carabinieri in possesso di un video, nel quale veniva mostrato un incontro tra l'allora Presidente del Lazio e una ragazza transessuale, da quelle immagini inoltre emergeva anche la presenza di sostanze stupefacenti. Toffanin, quindi, chiede al giornalista come avesse portato avanti questa seconda vita venuta alla luce, senza averne mai parlato con la sua famiglia e se, poi, avesse avuto il coraggio di farlo:
C'era questa parte di me che non riuscivo a confessare alla mia famiglia, ed è una cosa che ha colpito all'epoca anche la società. La maggioranza delle volte sono uomini eterosessuali ad avere rapporti, sessuali o sentimentali, con donne transessuali, sex worker o no. Ma non avevo il coraggio di confessarlo a mia moglie e alle mie figlie. Avevo una vita parallela e quando un uomo si comporta così è un vigliacco. Perché non ha il coraggio di dirlo. Fino all'ultimo la bocca è rimasta serrata, tutto questo rappresenta un esempio negativo, non riuscivo a parlare, avevo come un blocco. Provo il doppio della vergogna dopo averlo scritto,
La conduttrice, poi, chiede al giornalista se sua moglie Roberta, si sia mai chiesto il perché di quanto accaduto: "Spesso sono meccanismi profondi, il perché in questo caso è il tradimento di un amore, lei se lo sarà chiesto e anche io me lo sono chiesto" risponde con sincerità Marrazzo che ha poi raccontato di aver trascorso un periodo in convento: "Immaginati la pressione, ho scelto un luogo per stare da solo con me stesso, mia moglie voleva provare ad attutire questa pressione, per loro anche. Per questo sono andato a Montecassino". Le sue figlie, però, sono state in grado di tirarlo fuori dal vortice di sofferenza e vergogna in cui era entrato:
Le mie figlie dimostrano che possono prendere per mano un padre che è caduto, non fiero di quello che ha fatto, mi sento un privilegiato perché loro mi sono state accanto così, mi sono chiesto cosa avessi fatto. Non sarei qui se loro non mi avessero detto "mo basta", avevo paura di riaprire queste ferite.
"Le vere vittime sono le donne transessuali"
Con la stesura del libro, Storia senza eroi, oltre che con la sentenza della Corte di Cassazione secondo cui Marrazzo è stato vittima di un complotto organizzato da Carabinieri infedeli, il giornalista è riuscito a dare spazio alla verità, stemperando quella gogna mediatica che lo ha schiacciato per lungo tempo:
Oggi il muro è caduto, abbiamo fatto chiarezza, ci ho messo la faccia, quella che dovevo mettere allora. Adesso ha un senso averlo fatto, c'è anche chi deve riflettere, che per 15 anni mi ha voluto schiacciare con quelle immagini. […] Posso sedermi qui come una vittima, lo sono per il processo, ma quello che è stato fatto a me, le persone della comunità Lgbtqi lo sentono ogni giorno, ragazzi che per loro scelte sessuali sono stati colpiti in una scuola. Le vere vittime di quello che è successo, sono le donne transessuali perché loro sono rimaste lì, mentre io sono qui a parlarne.