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L’omicidio confessato a Pomeriggio 5 e le colpe della Tv, ma lo spettatore ama guardare nell’abisso

Lorenzo Carbone che confessa a Pomeriggio 5 l’assassinio di sua madre davanti alle telecamere non è il primo caso di assassinio annunciato in o dalla Tv. In passato è già successo e ha scatenato identiche polemiche, in bilico su quel confine sottile e invisibile tra cosa dovremmo e cosa vorremmo vedere in Tv.
A cura di Andrea Parrella
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La televisione è flusso che aspetta di essere interrotto dall'imprevisto. Sta facendo discutere molto la scelta di Myrta Merlino e della redazione di Pomeriggio 5 di mandare in onda l'intervista-confessione di Lorenzo Carbone, 50enne di Spezzano di Fiorano (in provincia di Modena) che davanti alle telecamere del programma si è dichiarato colpevole di aver ucciso la madre anziana, Loretta Levrini. La conduttrice ha commentato la vicenda in modo secco, sottolineando che è la notizia ad avere precedenza su tutto, motivando così la scelta di mandare in onda il frammento realizzato dall'inviato Fabio Giuffrida.

Non è il primo caso in cui la Tv entra "involontariamente" a gamba tesa in un caso di cronaca nera, dove l'avverbio involontariamente è accompagnato da virgolette sarcastiche, visto che intere fette dei palinsesti televisivi sono dedicati a questo ambito che ha una indiscutibile presa sul pubblico.

Il caso di Ferdinando Carretta

Prima della vicenda di Carbone, l'Italia è stata segnata in particolare da due casi eclatanti, rimasti nella memoria televisiva collettiva. Il primo riguarda Ferdinando Carretta, che nel 1998 confessò ai microfoni di ‘Chi l’ha visto?’ l'uccisione dei suoi familiari, prima ancora di renderla al pubblico ministero. Carretta era stato scovato a Londra, dove si rifugiava da anni dopo la scomparsa dell'intera famiglia, inseguendo le tracce di una segnalazione della polizia londinese che lo aveva fermato per un controllo di routine. Il servizio, realizzato dal giornalista Giuseppe Rinaldi, immortalava Carretta, morto di recente, mentre questi confessava dopo dieci anni i delitti commessi: "Ho impugnato quell’arma da fuoco e ho sparato ai miei genitori e a mio fratello".

La vicenda di Sarah Scazzi

Sempre a "Chi l'ha visto?", diversi anni dopo, è stato il caso tragico della morte di Sarah Scazzi a sollevare il dibattito legato all'invadenza della televisione in certe vicende. La trasmissione, che seguiva la vicenda sin da quando era stata denunciata la sparizione della ragazza ad agosto del 2010, si ritrovò di fatto ad annunciare la notizia del ritrovamento del corpo dopo la segnalazione dello zio Michele Misseri. La madre di Sarah Scazzi, Concetta Serrano Spagnolo, era collegata in quel momento con la trasmissione, apprendendo la notizia dalla voce di Federica Sciarelli mentre era nel salotto di casa sua.

Le polemiche per le parole di Carbone

Le lacrime e l'evidente stato confusionale di Lorenzo Carbone, mentre confessa davanti ai microfoni l'uccisione della madre, hanno inevitabilmente acceso una dura discussione pubblica rispetto all'opportunità di mostrare quelle immagini. È notizia la confessione, o il fatto che avvenga davanti a una telecamera? Qual è il confine e quale il perimetro giornalistico da rispettare?

Il successo del true crime

Sono tutte domande lecite, alle quali è complesso fornire una risposta oggettiva. Le televisioni brulicano di programmi dedicati interamente alla cronaca nera, veri e propri talk show realizzati con professioniste e professionisti che dibattono di aspetti tecnici che, non di rado, si sovrappongono a piani etici e morali. Esiste un corposissimo mercato del true crime che determina una concorrenza molto accesa tra i diversi programmi in onda. Questa dinamica non può che alzare il livello di competizione, in una sfida nella quale chi lavora a queste trasmissioni deve spingere i confini del perimetro sopra descritto, pur prestando attenzioni a non valicarli. Il mercato del true crime non riguarda solo la televisione, come gli appassionati di podcast potranno testimoniare, ma ciò che separa la Tv da tutto il resto è la diretta, la necessità costante di assecondare il flusso che scorre e tenere alta l'attenzione. È in queste circostanze che la scelta, di mostrare oppure no, di affondare o meno, assume un peso determinante. Altra questione, non meno importante, è la predisposizione del pubblico alla visione: chi, in un momento come quello passato a Pomeriggio 5, cambierebbe d'istinto canale? Un noto adagio firmato Samuele Bersani recitava: "Chiedi un autografo all'assassino, guarda il colpevole da vicino. E approfitta finché resta dov'è, toccagli la gamba, fagli una domanda". Fotografava bene noi e quella tentazione di calarsi nell'abisso per capire quanto è profondo. È lo stesso impulso

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.  
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