Non c'è nulla di male nel guardare il "Grande Fratello Vip", basta avere una buona protezione per lo stomaco. Ché se c'è una trasmissione che mi causa un fortissimo bruciore, pur senza tracannare una sola goccia di alcool, è proprio questa. Vale anche per la sua versione senza morti di fama. È vero o no che sono ventidue anni che il format regredisce a una forma sempre più pura di cinica tv spazzatura? Bullismo, omofobia, misoginia, ignoranza diffusa. Dopo la brutta storia di Marco Bellavia mi chiedo cosa sarà in grado di mostrarci questo format per i prossimi vent'anni e, soprattutto, quanto impareranno a essere resistenti i nostri stomaci.
Perché è chiaro che, se si arriva a vedere anche il tema della depressione strappato a brandelli in questo modo, come preso a morsi da uno squalo, non ci sarà mai fine al peggio; ci sarà sempre un altro limite pronto per essere superato; ci sarà sempre un altro conduttore che cita Jung a caso, lo chiama Young (Young Signorini, si scriveva su Twitter ieri: divertente) e tira in ballo il suicidio di Luigi Tenco che – con tutto il rispetto per tutti – nella dinamica di Marco Bellavia c'entra poco.
Paternalistico, patetico, ipocrita, cialtrone. Ogni anno il Grande Fratello Vip (o Nip) è una brutta copia dell'edizione precedente e quella casa, per quanto più bella, più grande e più ricca di sponsor e di luci, sembra invece restringersi sempre un pochino, un centimetro alla volta. Quelle mura di cartongesso, scricchiolano. A proposito, anche il teatrino degli sponsor, ormai, è sempre uguale. Ogni anno minacciano di lasciare, ogni anno si discostano da quello che vedono: "Quello che va in onda non ci rappresenta" è il mantra. E alla fine ogni anno sono sempre lì, tutti in fila: le farine, le miscele di caffè, l'abbigliamento tecnico, i trucchi, i parrucchi. Tantissime aziende dalla Campania, chissà come mai e da napoletano me ne dispiaccio sempre.
Insomma, non c'è nulla di male a guardare il Grande Fratello Vip, davvero. Lo dimostra la rapacità di commentatori dell'ultima ora, alcuni insospettabili, che su Twitter vedono l'hashtag in tendenza e si lanciano a raggranellare follower. Non c'è nulla di male, ripeto. In fondo, è sempre lo stesso specchio nel quale riconoscersi, magari anche solo per evitarsi.