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Mussolini e l’invidia per le dimensioni di D’Annunzio nella serie tv: “C’ha messo una melanzana, non è possibile”

Dopo il grande successo della campagna di comunicazione e la risposta del pubblico dopo la messa in onda dei primi due episodi, la serie con Luca Marinelli è al centro del dibattito per ogni cosa. Adesso, anche per l’invidia del pene di M. per D’Annunzio.
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La serie Sky M. Il figlio del secolo, tratta dai libri di Antonio Scurati, è l'argomento della settimana. Dopo il grande successo della campagna di comunicazione e la risposta del pubblico dopo la messa in onda dei primi due episodi, la serie con Luca Marinelli è al centro del dibattito per ogni cosa. Sui giornali, tutti i giorni c'è un approfondimento su un tema o su un altro. Nel primo episodio, per esempio, viene fuori l'ossessione e la rivalità che Benito Mussolini aveva con Gabriele D'Annunzio, interpretato in M. da Paolo Pierobon. Una rivalità addirittura ‘fisica': "Ma come è possibile? C'ha messo una melanzana", esclama il Benito di Marinelli guardando una foto.

La sequenza di Benito Mussolini invidioso del pene di Gabriele D'Annunzio

La sequenza di M. mostra Benito Mussolini guardare una fotografia del Vate Gabriele D'Annunzio, coperto solo dalle mutande che mostrano le dimensioni importanti del Poeta. Il personaggio interpretato da Luca Marinelli allora esclama grottesco: "Ma non è possibile! C'ha messo una melanzana, ca**o!".  Sul Fatto Quotidiano, Giordano Bruno Guerri rileva il fatto sottolineando però un'imprecisione storica.

Benito è ossessionato dal cazzo. (Per quanto ne so, piuttosto dalla sua corrispondente). Lo cita ogni cinque minuti, se lo tocca a man bassa, sopra le mutande, durante un colloquio qualsiasi con Margherita, manifesta un’ammirata invidia per le presunte dimensioni del Gonfalon Selvaggio di d’Annunzio, e a quel punto compare sullo schermo un fotomontaggio di un Vate smisuratamente fallico, però è degli anni Trenta.

Il complesso d'inferiorità di Mussolini

Nell'edizione odierna di Libero, invece, Pierluigi Battista sottolinea in un'intervista a Luca Beatrice lo storico complesso d'inferiorità di M. per il Vate che, scrive Battista, "sarebbe potuto diventare lui stesso il Duce".

Colto, di successo, grande amatore, un mito che avrebbe potuto diventare lui il Duce e da cui M. prende a prestito persino dei modi di dire: Eia Eia Alalà è un grido di Fiume, non del fascismo.

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