Massimo Giletti sulle critiche per la puntata da Mosca: “Nessuno mi insegna a fare il mio lavoro”
Si è aperta con un lungo intervento di Massimo Giletti la puntata di Non è l'Arena del 12 giugno, quella immediatamente successiva alla trasferta da Mosca che tante critiche aveva generato attorno al programma. In queste ore Fanpage.it ha provato a mettersi in contatto con Giletti, che preferisce evitare commenti ulteriori a quello fatto in apertura di puntata, ieri sera.
Il paragone con l'intervista di Biagi al boss Luciano Liggio
Il giornalista, tornato a Roma e collegato con il direttore di Libero Alessandro Sallusti, che la scorsa settimana aveva abbandonato la trasmissione in segno di protesta, ha dedicato un lungo monologo proprio alle polemiche di questi giorni, spiegando e motivando la sua scelta di andare in Russia per raccontare la posizione della controparte. Lo fa con un paragone ardito, la celebre intervista di Biagi al boss Luciano Liggio, molto criticato alla vigilia. Queste le parole del conduttore::
L'altra sera mentre aspettavo di vedere l'intervista a Luciano Liggio pensavo di essere in buone mani. Finalmente quel criminale aveva davanti un interlocutore giusto, un giornalista vero, uno che sa come comportarsi e anche come rispondere. E invece, Enzo Biagi – avete capito bene – ha dato al boss la licenza di infamia, offrendogli un palcoscenico per i suoi deliri. Questo scriveva Repubblica nel 1989 a commento di un'intervista che uno dei più grandi giornalisti italiani fece a Luciano liggio. Sono ben conscio dei miei limiti e non mi paragono a Biagi, ma il punto interessante è che Biagi venne attaccato per aver fatto qualcosa di molto difficile, criticato perché chi si espone e non sta nella normalità è sempre oggetto di attacchi.
Giletti spiega il perché della sua trasferta in Russia
Quindi Giletti ha proseguito spiegando le sue ragioni: "Io avevo messo in conto che andando in Russia mi sarei potuto esporre a critiche. Il mio editore è il pubblico e in questi giorni non ho risposto agli attacchi, perché lo avrei fato in Tv. Chi mi conosce sa che non faccio programmi da salotto, sono sempre andato a cercare qualcosa di diverso. Quando siamo andati a indagare sullo scandalo mascherine nessuno ci ha seguiti, così come quando ci siamo esposti contro la scarcerazione dei mafiosi. Per questo sono finito sotto scorta e so benissimo che uno può andare dove non va nessun altro e può esporsi. Ci sta questo gioco. Il punto ètile o non è utile sentire il pensiero del nemica cosa dalla quale non si può uscire, la Russia è entrata in Ucraina coi propri carri armati, ma serve provare a capire cosa pensino gli altri? Io penso sia importante, quando Zacharova mi ha detto che noi occidentali siamo quelli che sono andati a fare la guerra in Libia, o fa riferimento all'Iraq, sottolinea loro siano rimasti a guardare. Come sono stati a guardare quando è stata attaccata la Serbia. Quando dice che anche noi abbiamo messo carri armati in paesi nemici, sottolinea che loro non si sono mossi. Non lo dice per sottolineare che siano meno cattivi di noi, ma perché nella loro mentalità quell'area è di loro competenza, la ritengono qualcosa che appartiene all'area russa, per me sbagliando, ma è il loro pensiero. Da mesi ci chiediamo dove stia l'Europa, ma non mi sembra fare propaganda, bensì provare a raccontare il loro punto di vista. Torno all'inizio: sono andato a Mosca per conoscere il punto di vista del nemico. È utile questo per il pubblico? Io penso di sì. Secondo Ipsos il 41% degli italiani è schierato pro Ucraina e Zelensky, un 6% è sbilanciato verso la Russia, un 26% è neutrale e oggettivo, un 26% non sa. Andare dall'altra parte ha il senso di provare a parlare con chi crede che siamo troppo sbilanciati". Infine il conduttore, prima di introdurre Alessandro Sallusti e misurarsi con il suo punto di vista, chiude così l'intervento:
"Nessuno di noi ha giustificato lo scempio orribile della guerra russa in Ucraina. La7 quella sera è stata terza rete nazionale, a testimonianza del fatto che il pubblico avesse interesse. In quei giorni ho parlato con le persone, con dissidenti, mi sono fatto un'idea guardando coi miei occhi. Ora, io ho 60 anni e nessuna intenzione di insegnare come si faccia una trasmissione, ma nessuno deve spiegarlo a me, soprattutto i colleghi che stanno nei palazzi e che da sempre fanno da megafono al potere. Qualcuno ha scritto io sia stato francescano, senza oppormi a Zacharova. Forse hanno ragione, ma va anche compreso che io fossi nello spirito di dialogare, lì in Russia, forse questo può voler dire qualcosa".