Si è chiusa un'altra edizione del Grande Fratello Vip, la settima da quando Mediaset ha inaugurato lo spin off del reality show per eccellenza. In pochi avrebbero scommesso, sette anni fa, sulla longevità di questo progetto, sulla carta destinato a trasportare definitivamente in cantina un genere televisivo in odore di oblio dopo una fortunatissima stagione. Invece, dopo sette stagioni, il Grande Fratello Vip è più vivo che mai, anzi è diventato indispensabile.
Quello che mai avremmo immaginato con la prima stagione affidata a Ilary Blasi era che il Grande Fratello Vip si sarebbe trasformato nell'architrave di Canale 5, la colonna portante di un'intera stagione della rete, uno show in grado di alimentare l'intero palinsesto e radicalizzare ancora più di prima l'identità della rete ammiraglia Mediaset in chiave reality. Oggi il Grande Fratello Vip nelle mani di Alfonso Signorini è qualcosa di cui Canale 5, pur volendo, non potrebbe liberarsi.
Uno show spalmato su sette mesi, quasi cinquanta prime serate, ascolti pressoché invariati indipendentemente da quello che accade in puntata, ricavi pubblicitari alle stelle se rapportati alla spesa iniziale. Il rumore degli incassi sovrasta quello delle critiche che, puntuali, si sono susseguite anche in questa stagione. Dal caso Bellavia, alle liti, le volgarità, la rabbia dello stesso Pier Silvio Berlusconi. Nulla che intacchi la riuscita di un programma strutturato per allargare costantemente i propri confini, forzando i limiti di ciò che si può e non si può mostrare, in un regime di insistente impunità e scarico di responsabilità.
Per qualcuno i reality sono frutto di una scelta editoriale, ma quando c'è un modello economico che sta in piedi non c'è contestazione che tenga. Lì dove Mediaset continua a descriversi come un'edicola, più che un editore, il Grande Fratello Vip continuerà a esistere ancora a lungo.