Quelli delle Iene hanno un problema con i monologhi. Persino al Festival di Sanremo, alla fine, hanno capito che lasciare un personaggio per alcuni minuti da solo davanti alla telecamera è anestetizzante e noioso. Parlare in camera, farsi carico di un’istanza partendo dalla propria esperienza non è per tutti. Non sono tutti narratori e oratori capaci, del resto di Roberto Saviano ne nasce uno ogni cent’anni. Trasformare un programma in un TedX permamente comporta il rischio di spalmare su chi guarda soltanto tanta melassa retorica.
“Uno dei primi complimenti che ho ricevuto è stato: “Sei una ragazzina eppure hai una voce che spacca”. Ci ho messo un po’ a capire che fosse un complimento a metà”. L’incipit del monologo di Big Mama a Le Iene è una storiella che finisce per avvitarsi pretestuosamente per parlare di empowerment femminile e sembra il clone di almeno altri quattro o cinque monologhi, uno a caso: Nina Zilli, visti nelle ultime stagioni nel programma di Italia1.
Le Iene, in assenza di inchieste, è diventata una fabbrica di monologhi. È in corso una soapizzazione di tutte le sfumature, di tutte le sfide che l'essere umano può affrontare, di tutte le criticità presenti nella società in cui viviamo. I temi stessi hanno titoli che sembrano quelli dei romanzi rosa: “Anche le cose brutte diventano opportunità” dice Nek, “Quanta paura fa un uomo truccato” osserva Priscilla, “Mi vergogno sempre un po’” ammette Arisa, “Non sono un maschio alfa” firmato Francesco Arca. Ce n'è anche per i cattolici: “Dio mi ha dato la forza di combattere”, firmato Mara Sattei. "Chi è gentile è un supereroe" di Marco Mengoni. C'è pure il monologo sulla menopausa di Paola Barale. Ultimo, da non confondere con il cantautore romano sebbene ora hanno in comune un secondo posto a Sanremo, Geolier: “Sono diventato il modello di napoletano vincente”.
Sono tutti così. Sembrano tirati a lucido da una intelligenza artificiale già superata. Provate a chiedervi che differenza fanno nel mondo reale. A parte quelle decine di migliaia di reaction sui social, con una coda massima di 24 ore, nessuna. È la normalizzazione di tutti i sentimenti. Ma la cosa peggiore sapete qual è? Che sono quasi monologhi realizzati da artisti in promozione. Che senso ha? A questo punto, visto che è di moda, fai un podcast. Oppure: vuoi vendere il tuo disco? Cantami la tua canzone. Vuoi vendere il tuo libro? Leggimi il tuo brano migliore, leggimi persino il libro per intero ma ti prego: risparmiami il tuo monologo.