Il lunedì sera è diventato uno stranissimo territorio di mezzo per chi guarda la televisione. Nessuna serata a tema, nessun evento imperdibile a eccezione della conclusiva stagione de L'Amica Geniale, che però imperdibile pare solo per alcuni dato che gli ascolti sono in calo vertiginoso. E quanti non sono interessati alle riflessioni femminili della Lenuccia appesantita dalla versione di Alba Rohrwacher, potrebbero dunque incappare loro malgrado nella nuova edizione de La Talpa. Madonna mia, scansaci e liberaci.
La Talpa è un guscio vuoto
La Talpa, percepito un tempo come evento epocale, ma solo perché appunto il tempo passato ha contribuito a generare tutta una sua nostalgia-mitologia del fenomeno, oggi è un guscio vuoto di significato, una simulazione di intrattenimento che non intrattiene nessuno, nemmeno chi lo produce. L’incipit è sempre quello: un gruppo di personaggi secondari, definiti “vip” per mancanza di vera professione, viene spedito in una località esotica (la provincia di Viterbo) a misurarsi con una serie di prove mentre tra loro si nasconde la famigerata Talpa. Puntata dopo puntata, i concorrenti che (in breve) dimostrano di non aver capito "chi è la Talpa" vengono eliminati. Ieri è toccato a Elisa Di Francisca, che ChatGPT aveva visto come possibile talpa, avvalorando i sospetti che prima che l'intelligenza artificiale possa spazzarci via tutti, toccherà aspettare almeno che il Genoa vinca il suo decimo scudetto.
Mancano gli intrighi, mancano i colpi di scena. La Talpa dovrebbe sabotare i piani degli altri concorrenti, ma l'unico sabotaggio che riesce è quello che il programma fa a Canale 5. La Talpa, nella sua forma 2024, non solo è la fiera della banalità televisiva ma è pure un'emorragia d'ascolti che non ha pari. Dal 14% di share della prima puntata al 10.57% della terza e mancano ancora tre puntate alla fine. La Talpa ha il suo paradosso: un format che si fonda sul mistero, ma che non riesce a generare nemmeno un briciolo di curiosità.
Il "problema" Diletta Leotta
Diletta Leotta alla conduzione è probabilmente il punto di caduta del ragionamento. La sua presenza sarebbe dovuta essere strategica, ma il pubblico di Diletta Leotta – diciamolo forte e chiaro – è un pubblico maschile, abituato al tepore domenicale del sofà dopo mangiato, mentre aspetta l'inizio della partita di cartello e c'è lei che, a bordocampo, delizia gli occhi di chi guarda tra l'arrivo delle formazioni ufficiali e le dichiarazioni dei team manager. Insomma. Non abbastanza per un programma che avrebbe bisogno, come minimo, di una connessione emotiva un filo più complessa di un bel vestito. In questo senso, il confronto con Paola Perego — erano altri tempi, ma l'esempio resta valido — non può essere ignorato.
Poi c'è la grande questione, la più grande di tutte: il pubblico di Mediaset. Che resta quello, che è sempre quello. Che il nuovo corso si ostina a cercare di cambiare, ma più si sforza, più si s'impegna e più fallisce. Una linea editoriale è come un ciclo economico. Dura almeno dieci anni. Il tempo che ci vorrà a Mediaset per cambiare davvero. Ma come sarà il mondo tra dieci anni? Ancora uno stranissimo territorio di mezzo, come il lunedì sera. Come La Talpa, a cui è meglio lasciarle scavare una buca abbastanza profonda da seppellirla per sempre. Onde evitare di riesumarla ancora.