La cancellazione del programma di Filippo Facci dalla Rai è una sconfitta per chi vive e parla di televisione. La decisione dell’amministratore delegato Roberto Sergio è stata l'unica possibile, una scelta obbligata, dopo le grandi pressioni interne ed esterne ricevute nelle ultime settimane. Le frasi del giornalista sul quotidiano Libero, che sono irripetibili e vergognose, nei confronti di una presunta vittima di stupro e che ha aperto il caso Leonardo Apache La Russa, figlio di Ignazio La Russa, ci ha lasciato tutti sconcertati. Però, il servizio pubblico sapeva bene chi era Filippo Facci e, probabilmente, gli aveva affidato la striscia quotidiana proprio per quella sua capacità di dividere e indispettire.
Tutti abbiamo alzato il sopracciglio quando abbiamo saputo di questa operazione su Rai2. Un'operazione grottesca già di suo. “I Facci vostri”, a fare il verso alla trasmissione storica di Michele Guardì ma che corteggia un po’ anche “Sgarbi quotidiani” della metà degli anni ’90. Filippo Facci non è Vittorio Sgarbi, però. E per come è finita, si vede. Parliamoci chiaro: a bocce ferme, sembrava il classico programma che non sarebbe arrivato a dicembre. Ed è questo il punto centrale: sarebbe stato molto interessante vedere Facci sul campo. Valutarlo sui contenuti e, soprattutto, sui dati dell’Auditel. Vederlo persino fallire.
È per questo motivo che sostengo che la cacciata di Filippo Facci dalla Rai è una sconfitta per chi guarda e vive la televisione. Nel gioco dialettico, nella valutazione critica, non c’è nulla di più bello che guardare un programma e poterne scrivere, che vada bene o male. È una sensazione che non baratterei mai con questa censura aprioristica, solo per tenere buona la canea agguerrita che voleva solo lo scalpo del giornalista brutto, sporco e cattivo. Fa molto strano dirlo perché poi a me il personaggio non è mai piaciuto, ma anche chiudere la porta a uno come Filippo Facci, chiude la porta alla libertà d’opinione. A una discussione più aperta. “Per combattere il nemico, bisogna conoscerlo”. Non è Sun Tzu ma Nino Frassica in “Anni 90 – Parte II” (scritto dal presto dimenticato Enrico Oldoini).