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Il programma di Antonino Monteleone è un caso, con L’altra Italia Rai2 sprofonda all’1% di share

Con la terza puntata stagionale il talk di approfondimento di Antonino Monteleone totalizza 169.000 spettatori medi pari all’1% di share. Un dato con cui Rai2 è fanalino di coda tra le generaliste, dietro a Nove, Tv8 e RaiMovie. Numeri che dovrebbero portare a una riflessione.
A cura di Andrea Parrella
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Che la prima serata del giovedì sarebbe stata complessa, era ampiamente prevedibile. Meno preventivabile che Rai2 potesse arrivare a toccare l'1% di share, come è successo con L'altra Italia, il nuovo talk di approfondimento condotto da Antonino Monteleone, partito una settimana fa e inevitabilmente al centro del dibattito per un risultato difficile da definire in altro modo se non come un flop.

I numeri del programma nelle prime puntate

Con 169.000 spettatori medi pari all’1% di share, il giornalista, reduce da una lunga esperienza a Le Iene e passato in Rai proprio in questa stagione, porta a casa un risultato che sta già facendo discutere. Una battuta d'arresto, se si considera il segno più tra la prima e la seconda puntata del programma, partito il 3 ottobre aveva totalizzato un ascolto medio di 276.000 telespettatori, pari all'1.8% di share. Poi cresciuto 7 giorni dopo fino a 276.000 spettatori, pari all'1.6% di share.

Quello della terza puntata è un risultato che non può non indurre una riflessione, perché con dati di questo tipo Rai2, al freddo e cinico confronto fra numeri, risulta essere fanalino di coda tra le generaliste della serata, alle spalle di Nove, Tv8, il 20, Iris, RaiMovie e persino di Sky, destinata esclusivamente agli abbonati.

Le parole di Monteleone sugli ascolti

Alla vigilia della partenza, Monteleone aveva parlato dei numeri in prospettiva, raccontando il suo programma in un'intervista rilasciata a TvBlog e spiegando che nei confronti della materia ascolti provasse un disinteresse totale: "Non me ne frega niente. Mi interessa che il programma pian pianino possa incuriosire e far parlare di sé. I giornalisti fanno l’errore di sentirsi quelli che fanno avverare le profezie. C’è una classe di critici che è ossessionata dagli ascolti, ritenendoli l’unico indice di qualità. Quest’isteria nel resto d’Europa non c’è".

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