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Il 2023 ha dimostrato che in Tv non si inventa più niente

La fine dell’era Barbara D’Urso, la Rai di stampo meloniano, l’addio di Fazio alla Rai, Ferragni a Sanremo, la vicenda Giambruno, il boom di Mare Fuori. La Tv nel 2023 ha fatto discutere molto, ma quasi mai per idee innovative, guizzi di scrittura, nuovi format. La carestia creativa del piccolo schermo è un dato di fatto e si spera nel nuovo anno.
A cura di Andrea Parrella
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La Tv resiste, ma mancano le idee. Si potrebbe sintetizzare così il 2023 che si avvia a conclusione. Da una parte c'è un mezzo di comunicazione che continua ad avere centralità nel riflettere e raccontare il Paese, a dispetto di una presenza sempre più stabile nelle nostre esistenze di altre forme di intrattenimento e informazione, dalle piattaforme streaming a social come Instagram e Tik Tok. Una resistenza provata dai dati dell'Annuario della Tv 2023, secondo cui l’ascolto medio dei contenuti televisivi è cresciuto dell’1,4% rispetto al 2022, soprattutto grazie al fatto che molti italiani iniziano a consumare contenuti On Demand degli editori televisivi.

Dall'altra parte emerge, tuttavia, una tendenza all'appiattimento della proposta. In questo 2023 televisivo sembrano mancare novità, iniziative inedite, guizzi di scrittura che siano stati in grado di imporsi come fenomeni, elementi di discussione e dibattito. Proprio quest'ultimo elemento, il dibattito, ci dà misura della carestia creativa che ha caratterizzato l'anno in chiusura. Di cosa abbiamo parlato nel 2023 quando il tema è stato la televisione?

Il riassetto meloniano della Rai

Il vociare è stato il più delle volte sospinto dal fattore politico. Il primo anno del governo di destra ha portato al ribaltamento della Rai, travolta da una nuova ventata di lottizzazione con la redistribuzione dei pesi all'interno dell'azienda, che ha determinato casi come l'improvvisa e per certi versi immotivata centralità di nomi come quello di Pino Insegno, che ha pagato con la vicenda Eredità la condizione di calato dal cielo; inoltre la nuova onda meloniana ha portato ad addii eccellenti, da Fazio ad Annunziata, passando per Berlinguer, che ha avviato una stagione estiva di telemercato movimentata come non lo era da anni. L'esodo dalla Rai ha mosso qualcosa anche per le altre emittenti, con Mediaset che ha aperto le porte proprio a Berlinguer e La7 che ha accolto prima Massimo Gramellini, poi Augias (prima uscito in protesta dalla Rai, poi rimasto comunque con il suo programma).

La fine dell'era D'Urso

Si è parlato della fine dell'era Barbara D'Urso, fuori da Mediaset e sostituita alla guida di Pomeriggio Cinque da Myrta Merlino, a sua volta in uscita da La7. Abbiamo discusso moltissimo di Fabio Fazio, che dopo 40 anni ha lasciato appunto la Rai per passare sul NOVE. Il programma è lo stesso, Che Tempo Che Fa, ma il suo approdo alla rete Discovery può rappresentare un affaccio sul futuro della Tv, con l'ingresso di una nuova emittente al tavolo dei grandi e uno spazio ampio per sperimentare, come Fazio non fa da molto tempo.

Il Sanremo targato Ferragni

Indubbio tema di questo 202 è stato senza dubbio il Sanremo vetrina di Chiara Ferragni, icona indiscussa dell'era digital in Italia per la prima volta al centro di un progetto televisivo. La combinazione ha dato vita a un Festival esplosivo e difficilmente ripetibile per portata di attenzione mediatica concentrata sull'evento e ascolti, aprendo anche un dibattito interessante per la televisione pubblica rispetto alla visibilità che si può dare gratuitamente a un social network, come insegna il caso Instagram.

Il caso Mare Fuori

Si è parlato molto di Mare Fuori, del successo debordante della terza stagione, finalmente supportata dalla Rai con un'operazione di sostegno importante e, questa sì, innovativa. Con il passaggio in anteprima esclusiva su RaiPlay, il servizio pubblico ha aperto le porte al pubblico young della serie, generando un effetto deflagrante sotto il profilo dei numeri, con 4,252 miliardi di minuti visti.

I fuorionda di Striscia e il caso Giambruno

Infine abbiamo discettato di viralità, rimbalzo tra social e Tv e fuorionda, concetti che rimandano direttamente al nome di Andrea Giambruno. Il giornalista, ormai ex compagno della premier Giorgia Meloni, ha improvvisamente scalato le classifiche dei temi da bar grazie al combinato disposto delle affermazioni fuori luogo pronunciate in diretta sul tema della violenza sulle donne, per poi finire al centro dei fuorionda di Striscia La Notizia, che hanno portato alla fine della sua relazione con il primo ministro.

Poche idee, si(ci) salva Fiorello

In sostanza, il 2023 televisivo si ricorderà per fenomeni frutto di distribuzione, la fine di un genere, i cambi di casacca e meccanismi televisivi in auge da 30 anni. Nessuna traccia di cambiamenti, trasformazioni significative sotto il profilo dei contenuti. Dove sono i titoli nuovi che si sono distinti perché capaci di percorrere strade inesplorate? Si potrebbe certamente nominare l'eccezione Fiorello, che è ontologicamente novità. Sulla sua capacità di rompere ogni schema e fare sostanzialmente ciò che vuole, cambiando l'agenda giornaliera e imponendosi con uno show televisivo alle 7 del mattino non ci piove, ma il suo Viva Rai2, oltre ad essere ascrivibile al 2022 come anno di "nascita", rappresenta un programma in cui la genialità del suo volto di riferimento non può essere presa a modello, né ereditata, perché semplicemente inimitabile.

La speranza per il 2024 è che in televisione si torni a coltivare l'audacia, il rischio, progetti di ampio respiro che valorizzino le idee, puntino a creare contesti in cui il pubblico possa riconoscersi. Chissà che i nuovi schemi generati proprio dal fattore Fazio sopra citato non siano l'inizio di qualcosa di interessante.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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