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Opinioni

Gli Oscar sulla Rai fanno l’effetto del tennis, ciò che per anni è stato per pochi fatica a parlare a tutti

La notte degli Oscar targata Rai si scontra con la difficoltà di trasformare un evento per anni legato alla pay Tv in un appuntamento generalista, come succede per il tennis dopo il boom di Sinner. Alla seconda edizione si sono visti passi avanti ma Rai, se ci crede, deve investire su Alberto Matano e renderlo il suo volto del cinema.
A cura di Andrea Parrella
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Per la seconda edizione consecutiva, la notte degli Oscar è stata trasmessa in Italia su Rai1. A cimentarsi nel racconto di uno tra gli eventi di spettacolo più seguiti al momento è stato Alberto Matano, volto de La Vita in Diretta che per il secondo anno consecutivo ha commentato con gli ospiti in studio i vari momenti di una manifestazione.

Giorgia Cardinaletti collegata da Los Angeles

Lo speciale di Rai1, partito intorno alle 00.15, partiva dall'esperienza dello scorso anno, che per logica aveva registrato qualche difficoltà. L'impressione netta in questo 2025 è che tanti paletti fossero stati fissati. Matano è apparso certamente più navigato e a suo agio, in studio con lui un folto gruppo (forse troppo folto) di commentatori gli ha dato man forte e si è aggiunto anche il contributo di Giorgia Cardinaletti collegata direttamente da Los Angeles. Difficile fare di più nel ristretto spazio che la notte degli Oscar lascia ai commenti, tenendo conto di una serata che non ha brillato per effetti speciali e momenti a sorpresa, confermando in linea di massima quelli che erano stati i pronostici della vigilia.

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L'operazione degli Oscar su Rai1 vale una riflessione sulla scelta editoriale, essendo gli Oscar un evento che per molti anni è stato raccontato da Sky insistendo su una platea più ristretta, ma allo stesso tempo più selezionata e attenta, lontana dai canoni di una rete che si affaccia su un pubblico ampio,  stratificato e indiscriminato. Chi guarda Sky ha scelto di farlo, mentre l'attenzione dello spettatore Rai ha bisogno di un approccio differente, che catturi l'attenzione. Trasformare un evento di nicchia in una formula adatta alla Tv generalista non è affatto semplice. Si tratta di preservarne l'essenza e il contenuto pur semplificandone i codici, operazione di grande complessità. In questo salto di specie, che consiste nello scrostare di elitismo questo evento, il rischio di approssimazione è dietro l'angolo.

Il paragone con le cronache del tennis Rai

In un certo senso, pur essendo completamente diversa per tema e ambito, l'operazione Oscar sulla Rai ha dei tratti di similitudine a quella fatta sul tennis dopo il boom di Sinner. La Rai, dopo avere ignorato questa disciplina sportiva per anni, si è adattata in fretta e furia per accendere una luce su un nuovo sport verso il quale l'interesse cresce di giorno in giorno, con l'obiettivo di riportarlo sotto il cappello generalista. Prendere una materia appannaggio della pay Tv fino a quel momento ha portato a risultati spesso dimenticabili, tra ridondanze, pressapochismi, entusiasmi eccessivi e sciovinismi che hanno caratterizzato le telecronache della Coppa Davis sulle reti Rai.

Ripetiamo, gli Oscar sono altra cosa, ma il salto di specie dalla pay Tv alla generalista è simile e fa emergere in tutta la sua ampiezza un gap culturale che si è prodotto negli anni. Come trasmettere il culto degli Oscar a un pubblico non alfabetizzato a quella materia, se non in forma episodica? Questo è il problema. A Rai tocca provare a fare un'operazione che corazzi Matano legandolo al tema del cinema, all'invito a frequentare le sale, magari con uno spazio settimanale che avvicini la tematica al suo volto e, perché no, la possibilità di condurre i David di Donatello. Solo così si può costruire un evento annuale che, legato al momento della notte, possa avere i presupposti per trasformarsi in un cult.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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