Giovanni Terzi: “I carabinieri vennero ad arrestarmi, passai tre mesi in isolamento in carcere”
Giovanni Terzi a Ballando con le stelle racconta un lato inedito della sua vita privata. Dopo aver incassato da parte dei giudici l’accusa di avere scarsa personalità in pista, il concorrente compagno di Simona Ventura racconta agli autori una vicenda sulla quale non era mai riuscito ad aprirsi più di tanto pubblicamente, che riguarda il suo passato. “Questa cosa in 25 anni non avevo mai avuto il modo di raccontarla così ed è grazie a Ballando”.
La difesa di Giovanni Terzi dopo l’opinione dei giudici
“Non lascia tracce”, era stato il giudizio di Selvaggia Lucarelli per Giovanni Terzi al termine della puntata precedente. Dello stesso avviso anche Guillermo Mariotto. Per il concorrente Ballando si sta rivelando “un gioco che mi fa stare bene, in cui continuo a stare benissimo, ma anche nel giudizio ci deve essere un minimo di giustizia”, dicendosi per niente d’accordo con quello che è stato detto dai giudici. “Io non ho da dimostrare nulla riguardo al mio temperamento. Ho superato prove che mai avrei pensato di trovarmi ad affrontare. A trent’anni ho scoperto che tra la luce e l’ombra passa un istante”, spiega nella clip che precede l’esibizione.
Il racconto dell’arresto di Giovanni Terzi
La clip prosegue con il racconto di quello che è stato il momento più buio della sua vita, iniziato il 13 ottobre 1998, ai tempi in cui era Consigliere comunale di Milano. La Procura lo accusò di aver intascato una tangente da 250 milioni di lire, quando tre anni prima ricopriva il ruolo di Assessore ai lavori pubblico di Bresso. “Alle sei di mattina mi vennero a bussare i carabinieri a casa e mi arrestarono”, racconta Terzi alle telecamere. “Mi misero in isolamento giudiziario in questa cella piccola con uno spioncino. Non avevo nemmeno l’ora d’aria in comunità. Dopo 30 giorni la mattina presto vennero a prendermi, pensavo di essere liberato, invece mi trasferirono. Mi misero le manette a mani e piedi, scoppiai in un pianto pazzesco”, racconta. Rimase in carcere per tre mesi, fino alla sentenza della Cassazione che ribaltò il giudizio della Procura, accusata di agire in preda al delirio di onnipotenza. “Sto male se penso alla sofferenza degli altri”, racconta commosso. “Penso ai miei genitori, o a mio figlio Ludovico che da allora si nascondeva sotto al letto ogni volta che suonava il campanello”, spiega cedendo alle lacrime. “Quello che pesa è il giudizio della società. Non accetto quando c’è qualcosa a schiacciarmi, ho una mentalità che mi ha permesso di non subire facendo la vittima.