Ha debuttato ieri sera, domenica 21 maggio, su Tv8 il GialappaShow. Marco Santin e Giorgio Gherarducci, orfani del Signor Carlo Taranto che ha preferito dedicarsi ad altri impegni professionali, sono tornati a commentare le bizzarrie della tv e dei nostri tempi. In studio, uno studio da grandi occasioni finalmente, il sempre ottimo Mago Forrest, eccezionale da sempre e come sempre. Per la prima puntata, è stato affiancato da Paola Di Benedetto, scelta discutibile ma perfetta per alimentare quel tasso di surrealtà, anche implicita, che è fondamentale al format.
Le aspettative erano elevatissime. Dopo la deludente esperienza di Mai Dire Talk (Italia 1), i ricordi degli affezionati non avrebbero retto a un altro calcio sulle gengive. Non è stato così. GialappaShow convince all’esordio, al netto di qualche sbavatura correggibilissima sulla via. Ed è bello poterlo scrivere. Anche perché l’attesa era direttamente proporzionale al timore di ritrovarsi davanti a una copia sbiadita dei bei tempi andati, magari, per sempre.
Il primo ringraziamento va a Tv8 che ha dato ai Gialappi uno studio che si può definire tale e non il solito bugigattolo Mediaset. Luci, dimensioni, c’è aria di festa (da dissacrare) e pure un locale, Il Baratro, a lato palco. Altro elemento fondamentale e vincente è la durata: 90 minuti. Ognuna delle 8 puntate dello show inizierà alle 21.30 per concludersi alle 23. Una novità pressoché assoluta, e rigenerante, per chi è abituato ai programmi di prime time generalista che si trascinano, molto faticosamente, alle volte fino alle 2 di notte. Comunque, il sipario non cala quasi mai prima dell’una. Il tempo di una partita di calcio senza supplementari è invece perfetto per godersi la trasmissione senza doversi apporre un paio di stuzzicadenti a sostegno delle palpebre. In più, la soglia di attenzione rimane viva e vegeta per l’intero show.
E rimane tale anche per via della struttura del format: si passa, con ritmo, dal cazzeggio in studio ma di livello, basti pensare agli stacchetti musicali dei Neri per Caso, alle clip dei comici, tra volti storici della trasmissione e nuovi ingressi. A tratti, sembra di stare su TikTok. Anche perché, come da tradizione, entrano tutti a schiaffo, ossia, nella maggior parte dei casi, senza grosse presentazioni o cerimonie. E le clip sono brevi, nella loro ferale efficacia. Praticamente, dei reel orizzontali.
Il re di questa prima puntata è stato indiscutibilmente Marcello Cesena che non si è limitato al – pur sempre sublime – compitino di Sensualità a Corte, ma ha portato anche altri personaggi: Cucinare Guidando, dando una scrollata a Twitter per conferma, è già cult. E lo merita.
In gran forma anche Ubaldo Pantani che diventa Bruno Barbieri in 4 Motel per portarci “nel luogo più romantico d’Italia: la provincia di Monza e Brianza”. Immancabile, poi, l’imitazione di Massimo Giletti, tra i suoi cavalli di battaglia. Antonio Ornano convince con il suo “Sugar Daddy”, un papà influencer tutto unicorni e colori pastello che, in realtà, odia i propri figli e un po’ meno con il resto. Stesso discorso per Toni Bonji, per quanto apprezzabile come mental coach “demotivatore”, siamo certi che possa fare più di “Chi l’ha morto?”. Nel medesimo limbo, anche Alessandro Betti. Un solo intervento, ma memorabile, per la new entry Stefano Rapone nei panni del portavoce del Governo Galeazzo Italo Mussolini. Annuncia che, presto, riceveremo tutti a casa un busto di Pino Insegno.
Totalmente fuori fuoco, invece, l’imitazione di Francesca Fagnani a “Berve”, interpretata da Valentina Barbieri. L’intervista a Gandhi già in partenza non aveva molto senso e il fatto che finisca in rissa è stata risoluzione piuttosto scontata. Saperne imitare la voce, non basta a rendere efficace il personaggio. Riscossa, invece, per Brenda Lodigiani, soprattutto quando nei panni dell’intelligenza artificiale Ester Ascione. Ma elevatissima anche con la sua Orietta Berti armata di fucile a scoppio. Dopotutto, è quello che ognuno di noi ha pensato potesse succedere da un momento all’altro vedendola seduta sullo sgabello da opinionista del GF Vip. A Brenda Lodigiani, LOL – Chi ride è fuori non aveva fatto un favore. Il GialappaShow potrebbe diventare la sua definitiva consacrazione. Meriterebbe.
L’esordio del GialappaShow ha funzionato perché non si adagia sui fasti del passato – sarebbe stata la strada più comoda visto che di questi tempi tutti campiamo di nostalgia – ma ha voglia di dire qualcosa di nuovo. E la buona notizia è che ci riesce. Non era scontato riuscire a dimostrare oggi lo stesso mordente dell’epoca d’oro. Invece il graffio è rimasto immutato e fa ancora centro. Una tv pensata, scritta e poi mandata in onda con una leggerezza cialtrona che non ne fa sentire il peso. Il risultato è che sembra quasi facile mettere in piedi un programma così, divertente e puntualissimo. Non lo è per niente.
E anche per questo il GialappaShow non è soltanto un regalo a chi è cresciuto con il trio, ma un programma che si regge sulle sue gambe anche agli occhi di un ventenne che dovesse imbattercisi per la prima volta. Funziona al punto da non far sentire la mancanza dei grandi nomi che ne hanno fatto la storia. GialappaShow non è una commemorazione ma un varietà hic et nunc. Non ha bisogno del passato per legittimarsi, gli bastano (e avanzano) i cortocircuiti del presente. Speravamo davvero di poter scrivere una recensione così. La Gialappa's non è stata, la Gialappa's è. Dispiace per Mediaset.