Amadeus ha salutato la Rai con l’ultima puntata di Affari Tuoi in un clima da occhi lucidi ma anche tanta sobrietà. La stessa che ha sempre contraddistinto il suo percorso nel servizio pubblico fatto di ‘discese ardite e di risalite’. Amedeo Sebastiani non deve dimostrare più niente a nessuno e il fatto che ad aspettarlo il prossimo anno c’è un super contratto con un super progetto alla Warner Bros. Discovery (si legge Nove) è lì a ricordarlo a tutti.
Proprio per questo, nel rispetto della sua figura, faremmo un torto a politicizzare la sua uscita dalla Rai. È miope parificare la situazione di Amadeus a quella dei grandi personaggi che nella stagione scorsa hanno lasciato il servizio pubblico. È una trappola insidiosa che non fa bene alla credibilità stessa del grande personaggio che è stato il cinque volte direttore artistico e conduttore degli ultimi Festival di Sanremo.
Ridurre il dibattito all’ideologia, tirare nel mezzo “TeleMeloni” o gli interessi particolari di agenti e non, ci fa perdere di vista il valore dell’uomo e del suo lavoro. Lo stesso rischio che un certo tipo di stampa sta facendo correre a Stefano De Martino, erede designato del conduttore ravennate. "Lo vuole la destra" scrivono, "piace ad Arianna Meloni" (che oggi ha smentito) e così facendo minimizzano di fatto il grande percorso e il grande lavoro che l’ex ballerino di Amici ed ex marito di Belen Rodriguez è riuscito a fare su se stesso e sul pubblico.
L’arte e la cultura hanno da sempre il potere di andare oltre la politica e, molto banalmente, hanno per statuto il dovere morale di andare oltre le divisioni che la politica stessa finisce per creare. Non bisogna mischiare l’intrattenimento con il potere. La stampa di settore deve trovare la necessità di superare i propri steccati e di garantire il pluralismo, cosa che non è sempre avvenuta negli anni passati ma che adesso rischia di peggiorare in un nugolo di pregiudizi anche in questo caso. Lasciamola fuori, la politica ed evviva Amadeus, dunque, perché ha saputo interpretare al meglio il servizio pubblico in questi anni. Ma evitiamo di trasformarlo nell’ennesima vittima della “politica” perché non se lo merita lui per primo.