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Opinioni

Date un quiz ad Alessandro Cattelan o continuerà a essere un’occasione sprecata

Il conduttore Rai fatica a scaldare i cuori. Negli anni si è diffusa la convinzione errata che il talento in Tv si esprima solo nelle fasce di punta o di margine, la prima o la seconda serata. Il teorema Amadeus dice il contrario: esserci tutti i giorni nelle fasce centrali può essere una via per puntare in alto.
A cura di Andrea Parrella
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Si è chiusa con la terza puntata di lunedì 3 giugno l'esperienza di Da vicino nessuno è normale, programma di prima serata di Rai2 affidato alla conduzione di Alessandro Cattelan. Dopo Da Grande, Stasera C'è Cattelan e la breve (ma per niente irrilevante) esperienza dell'Eurovision 2022 da conduttore, questo programma rappresentava un nuovo tassello del percorso da enfant prodige appioppato al conduttore piemontese anni fa, costretto a concludersi con un Festival di Sanremo da presentatore salvo che non si voglia parlare di delusione. Sono queste le aspettative altissime con cui Alessandro Cattelan deve, volente o nolente, confrontarsi da qualche anno a questa parte.

Ed è attraverso questa lente di ingrandimento che si guarda a Da vicino nessuno è normale. Un programma televisivo scritto nel solco di una coerenza assoluta con i codici della televisione proposta da Cattelan e il suo gruppo di lavoro in questi ultimi anni. Un linguaggio che strizza l'occhio ad una forma di intrattenimento che accoglie il divertimento, anche quello più disimpegnato, ammesso che non sfoci nel ridanciano, il cattivo gusto o l'esagerazione, ma rispetti le esigenze di un pubblico molto verticale e ricercato. Un valore per Cattelan, che ha saputo coltivare questa fanbase negli anni (il successo del suo spettacolo teatrale lo testimonia) e che, in un certo senso, ha strappato via a Sky, dove è cresciuto televisivamente, per trascinarla sulle reti Rai.

Il problema sostanziale di questo target di pubblico è uno: non è numeroso. Dispiace ridurre tutto a una questione di numeri, al solito problema algebrico e freddo degli ascolti (qui quelli dell'ultima puntata), ma la Tv generalista impone tali ragionamenti e l'incapacità ad essere larghi, abbracciare un pubblico più ampio e trasversale, può rivelarsi un limite anche per il più talentuoso dei presentatori. La capacità di parlare a un'ampia moltitudine deve far parte del pedigree di un conduttore di prima fascia del servizio pubblico, condizione alla quale Alessandro Cattelan aspira e per la quale chi scrive è convinto non sia affatto inadeguato.

Nella sua condizione, tuttavia, persiste la sensazione che un aggancio reale con il grande pubblico non sia mai avvenuto proprio per le caratteristiche dei programmi proposti da Cattelan che, oggettivamente, di spiacevole non hanno nulla, ma faticano a scaldare i cuori, se proprio vogliamo attenerci ad una definizione abusata che però restituisce il senso di nazional popolare.

Qual è la ricetta per Cattelan, dunque? Il conduttore sarebbe perfetto per un quiz. Si è diffusa la convinzione errata che il talento in Tv si possa esprimere solo nella televisione di punta o in quella di margine, la prima o la seconda serata. Dovesse anche trattarsi di un principio attendibile, è in realtà nelle fasce centrali, nelle terre di mezzo, che si incontra quel pubblico che non deve essere convinto a scegliere un canale, bensì che un volto sia adatto a quel dato canale. Alessandro Cattelan non deve dimostrare di essere bravo a chi già sa lo sia, ma deve essere riconoscibile per quell'enorme fetta di pubblico che ancora non lo conosce. Conducendo un contenitore pomeridiano potrebbe essere lui, proprio grazie alle caratteristiche del suo pubblico, a trascinare quei telespettatori di domani, i più giovani, che non sembrano proiettati ad accendere la Tv come riflesso inconsapevole.

Il teorema Amadeus, che ha fatto della sua presenza quotidiana un elemento imprescindibile per rinforzare il suo rapporto con la platea di spettatori, lo dimostra più di ogni altra cosa. Un bagno di gregarietà potrebbe rivelarsi propedeutico per la definitiva consacrazione di Alessandro Cattelan ed è proprio nel quiz che il conduttore potrebbe trovare il terreno fertile per questo tipo di esperienza. Al contrario, il rischio è continuare ad attendersi gesta messianiche puntualmente disattese.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare la realtà che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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