Dal 2018 il pubblico televisivo italiano inizia l'anno nel segno di Roberto Bolle. Per la sesta volta consecutiva, il ballerino ha portato in Tv lo spettacolo di Danza con me, ormai appuntamento fisso del primo gennaio. Un prodotto unico, senza eguali almeno per quel che riguarda l'Italia, che per una sera mette al centro una forma espressiva generalmente ostica alla televisione, coinvolgendo nomi illustri in un progetto che sta in piedi soprattutto per il carisma di Bolle, capace di sottrarre la danza al solo accostamento televisivo possibile del talent show.
Danza con me è un unicum che va preservato e sostenuto, affinché il programma possa smarcarsi dalla retorica della danza in Tv come un caso straordinario. Quella di Bolle è infatti un'operazione culturale dalle grandi ambizioni, ma è anche un prodotto televisivo da analizzare in relazione alla sua efficacia, la capacità di andare in profondità e colpire il pubblico. Dopo l'exploit dei primi anni il programma ha registrato un leggero calo di ascolti, non un'emorragia ma una flessione, che si può provare a spiegare in parte proprio con l'obiettivo raggiunto, l'addomesticamento del pubblico generalista a un prodotto cui inizialmente si guardava come si osserva un animale esotico allo zoo.
Ma il calo di Danza con me è forse spiegabile se connesso al limite principale del programma, forse l'unico o comunque uno dei pochi, che ha a che fare con la modalità di messa in onda. Il programma è infatti registrato e non è difficile capire il perché, data l'impossibilità di realizzare alcuni "quadri" eseguiti da Bolle e i suoi ospiti per complessità coreografica e scenografica. Ci sono, tuttavia, elementi di raccordo attraverso i quali si prova a costruire una simil diretta, con i numeri presentati da conduttrici e conduttori che si avvicendano ogni anno, l'ausilio degli ospiti, gli interventi dello stesso Bolle. Il fatto che anche questi elementi di raccordo siano registrati si sente e rischia seriamente di indebolire l'impalcatura del programma, il filo rosso che tiene tutto unito.
Il risultato è quello di un prodotto freddo, un programma di una bellezza abbacinante che perde contatto con il pubblico nelle fasi di congiunzione. La colpa non va attribuita a Zingaretti e Capotondi nello specifico dell'edizione 2023, quanto alla sensazione che un evento televisivo – quale Danza con me vuole essere andando in onda nello stesso giorno dell'anno ogni anno – oggi più che mai non possa fare a meno di un elemento di diretta, qualcosa che si consumi dal vivo, di cui il pubblico percepisca il calore, la vicinanza, anche i margini d'errore. Una forma ibrida è possibile? Si potrebbe immaginare una diretta come rilegatura dei numeri registrati, che in fin dei conti potrebbe giovare al programma e allo stesso Bolle, restituendo a chi guarda da casa la sensazione di poter toccare con mano quella perfezione di cui è indiscutibilmente un simbolo.