Corsi di dizione e prossemica, la Rai punta a uniformare il linguaggio dei giornalisti
Un corso di formazione di dizione e prossemica per i giornalisti Rai. Nei progetti della Rai per i prossimi mesi c'è l'idea di uniformare i linguaggi e le modalità espressive dei professionisti del servizio pubblico televisivo. La Direzione delle Risorse Umane e Organizzazione affiderà l'appalto alla Scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia, come si legge dal documento disponibile sul sito dei fornitori Rai.
L'appalto alla scuola di giornalismo di Perugia
Stimato nella cifra di 76.000 €, il servizio rispondrà alla "necessità aziendale di consolidare le competenze comunicative e di utilizzo della voce dei giornalisti Rai indicati dalle Testate/Direzioni di appartenenza". Tradotto in termini pratici, pur non essendo declinato come un intervento correttivo totale, il corso avrà evidentemente lo scopo di limare inflessioni dialettali troppo marcate e fornirà elementi conoscitivi per la gestione degli spazi e dei movimenti quando ci si trova davanti a una telecamera.
Non è ancora specificato il numero di giornaliste e giornalisti del servizio pubblico che sarà destinato a questo corso di formazione, ma è alquanto interessante che la Rai vada nella direzione di un'uniformità delle caratteristiche espressive delle dipendenti e dei dipendenti, sia in relazione all'aspetto della pronuncia, che per quel che riguarda la gestualità e il modo di comunicare a spettatori e spettatrici.
Quante lingue e dialetti si parlano in Italia
L'aspetto linguistico, d'altronde, è un elemento di peso se si tiene conto della varietà che caratterizza il territorio italiano. Secondo una recente indagine dell'Unesco, in Italia si parlano attualmente 31 lingue tra l'italiano ed i vari dialetti. I dialetti italiani più parlati e ricordati risultano essere il veneto , il napoletano, il friulano, il piemontese, il sardo, il lombardo, l'emiliano ed il romagnolo, il siciliano e il ligure. Aspetto che va incrociato ai dati riportati da un'analisi ISTAT secondo cui la lingua italiana è parlata solamente dal 45% della popolazione, il 32,2% parla sia l’italiano che dialetto ed il 14% della popolazione parla solamente il dialetto.
È sensato chiedersi in che modo questi tipi di corsi formativi, che hanno certamente lo scopo di omologare il linguaggio del servizio pubblico in un ambito, quello giornalistico, di grande influenza sulla popolazione, possano incidere sul lungo periodo proprio sulle realtà particolari, le varietà linguistiche e le forme espressive della stessa popolazione.