È stato un mondiale atipico. Non solo perché non c'eravamo, all'assenza dell'Italia ci stiamo ormai abituando, o perché sia stato il primo della storia che si è svolto in inverno; nemmeno perché le critiche della vigilia sui mondiali in Qatar lo hanno reso uno degli eventi più discussi di sempre del quale, in contemporanea, fosse quasi vietato parlare. Visto da una latitudine italiana il mondiale qatariota ha segnato anche il racconto sportivo in televisione, la nostra televisione, rimettendo la Rai al centro del villaggio dopo tanto tempo.
I diritti dei mondiali, come noto, erano stati acquisiti dal servizio pubblico ben prima che l'Italia venisse clamorosamente eliminata con la Macedonia. La Rai puntava sull'effetto della vittoria agli europei e ha dovuto trovare un nuovo assetto dopo la disfatta. Cosa in cui, non senza inciampi, è riuscita. Per la prima volta dopo quasi due decadi, il servizio pubblico è tornato ad essere centrale nel dibattito sportivo per la linea di racconto adottata, se non osannata di certo discussa.
Stramaccioni e Adani, il commento conta
Tra i fattori positivi c'è senza dubbio lo stile del commento. Dopo anni di dileggio in cui Rai Sport è stata nient'altro che emblema di un passato superato dall'avvento dello stile di racconto delle emittenti private (Sky su tutte), il servizio pubblico pare aver incamerato volti e nomi che hanno attirato grande attenzione proprio sul commento dei match. Da Andrea Stramaccioni, che al fianco di Dario Di Gennaro si è rivelato una sorpresa assoluta di questa competizione nelle vesti di commentatore, all'esplosione del caso Lele Adani, divisivo ma incisivo con il suo trasporto entusiasta per l'Argentina di Messi al fianco del rigoroso Stefano Bizzotto. L'effetto è stato quello di una spolverata allo stile più rigoroso e compassato degli storici Antonio Di Gennaro (con Alberto Rimedio ha commentato la finale dopo che il Covid aveva tolto ad entrambi la finale di Euro 2020) e Sebino Nela al fianco di Luca De Capitani.
Il caso Circolo dei Mondiali
È stato un piccolo caso anche Il Circolo dei Mondiali, non solo per lo sfogo della direttrice Alessandra De Stefano di pochi giorni fa. L'approfondimento serale post partita, ha avuto il merito di osare nel provare a rompere la liturgia del racconto calcistico classico, ma non tutti gli esperimenti sono destinati a funzionare alla perfezione e va detto che è stato spesso faticoso capire il senso di un approccio forzatamente profano da spiegamelo come se fossi un bambino di prima elementare che meglio si sposa agli sport olimpici (Il Circolo degli Anelli funzionava benissimo) ma meno al calcio, che in Italia resta una religione. Al netto dei difetti, Il Circolo ha saputo far discutere, che è il minimo comune denominatore di quesi mondiali raccontati dalla Rai.
Bobo Tv depotenziata e registrata, quindi senza senso
Vero neo, francamente incomprensibile per la resa finale, quello della Bobo Tv. Non per la scelta in sé, che in tanti avevano criticato a prescindere, imputando la Rai di legittimare uno stile di racconto triviale e volgare del calcio che nulla avesse a che fare con il giornalismo. L'errore della Bobo Tv in formato Rai è stato quello di mostrarne una versione privata dei suoi elementi caratteristici, edulcorata nei toni, ridotta a uno spazio di pochi minuti per sera, autoreferenziale, fuori contesto e fuori tempo, essendo andata in onda ogni sera in versione registrata, prima ancora che gli eventi del giorno accadessero. Clamoroso il caso della finale dei mondiali, con la Bobo Tv andata in onda nel post Argentina-Francia in una versione palesemente registrata prima della finale con la simulazione di un commento come se avesse vinto l'Argentina, per forza di cose realizzato in modo speculare in caso di vittoria transalpina. Un peccato sprecare l'occasione di un esperimento interessante, perché la televisione ha il dovere di provare a incamerare nuovi modelli di racconto che rischiano di limitare la sua autorità se trasmessi su altre piattaforme. Ridurli a una versione macchiettistica, però, non ha alcun senso.