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Cecchi Paone: “Spero che quelli di Acca Larenzia siano stati identificati come l’antifascista alla Scala”

Il giornalista commenta la ‘marea nera’ di Acca Larenzia a L’Aria che tira: “Dovrebbero identificare tutti con lo stesso clamore dell’antifascista identificato alla Scala perché stanno facendo una cosa che è un reato”.
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David Parenzo riparte alla conduzione de L'aria che tira nella giornata di lunedì 8 gennaio parlando dei saluti romani per i morti della strage di Acca Larenzia. Alla presenza di Alessandro Cecchi Paone, Gaia Tortora e, in collegamento, del direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, della ex ministra Lucia Azzolin e del direttore di Libero Pietro Senaldi si ragiona su quanto accaduto. È Alessandro Cecchi Paone a centrare il punto: "Sarebbe il caso di sapere se la Digos ha identificato tutti quelli che hanno fatto il saluto romano con lo stesso clamore dell'antifascista alla Scala". 

Il dibattito

Il momento di Acca Larenzia, insieme alla commemorazione di Predappio, è probabilmente quello più critico e che inasprisce il dibattito e rinverdisce il dibattito sugli anni di piombo, nei drammatici e sanguinosi eventi che hanno visto contrapposto post-fascisti e terrorismo rosso. "Momenti come quello di Acca Larenzia", suggerisce Gaia Tortora, "mettono in ombra quello che è successo, cioè la morte di tre ragazzi". 

Quelle immagini sono semplicemente agghiaccianti e fortemente identitarie perché quel saluto lì è fortemente identitario. Non è un pistola qualunque e in parte è l'elettorato di Fratelli d'Italia.

Alessandro Cecchi Paone: "Fatto gravissimo"

"Lo Stato in quel momento che avrebbe dovuto fare?" chiede David Parenzo e la risposta del giornalista è stata:

Dovrebbero identificare tutti con lo stesso clamore dell'antifascista identificato alla Scala perché stanno facendo una cosa che è un reato. Il secondo punto simbolico è che l'altro momento in cui questa cosa avviene è al mausoleo di Predappio. Io sono dalla parte di Liliana Segre che dice a Giorgia Meloni: "togli quella fiamma". E la Meloni ha detto no. Questo è un fatto gravissimo, perché quella fiamma che arde perenne è la memoria di Benito Mussolini.

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