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Opinioni

Ascolti mondiali, quel confronto tra Rai e Mediaset che non ha nessun senso

In un comunicato la Rai racconta il trionfo degli ascolti ai mondiali, paragonando i dati a quelli dei mondiali in Russia nel 2018. Una supremazia ostentata che non è affatto schiacciante (anzi in alcuni casi il mondiale Mediaset è addirittura in vantaggio) in un confronto che ha davvero poca ragion d’essere.
A cura di Andrea Parrella
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I mondiali in Qatar sono finiti da due giorni ed è tempo di bilanci. Oltre il dato sportivo della vittoria dell'Argentina c'è quello televisivo relativo al seguito della competizione. Un'avventura complessa per la Rai, che aveva l'esclusiva sui diritti di trasmissione di un evento senza Italia, ma che ha portato soddisfazioni all'azienda di servizio pubblico in termini di ascolti, come Rai non ha fatto a meno di ostentare in un comunicato pubblicato nelle scorse ore.

I dati della finale Argentina – Francia hanno superato ogni record stabilito dall’inizio delle gare raggiungendo 12 milioni 948 mila e il 68,6 di share e "staccando di 2 punti di share e di oltre un milione di telespettatori la finale del 2018". Il comunicato Rai prosegue recitando: "Questo enorme risultato corona una settimana di ascolti elevatissimi: dopo le due semifinali di martedì 13 e di mercoledì 14, che avevano fatto registrare 10.284.000 e 11.803.000 di ascolto medio, la finale per terzo e quarto posto di sabato ha ottenuto 4.832.000 di ascolto medio e il 39,5%. Tutti risultati superiori alle precedenti edizioni dei Mondiali senza la partecipazione della nazionale italiana".

Un confronto tra mondiali troppo diversi

Un confronto, quello tra le competizioni mondiali in Russia (i primi trasmessi dalle reti Mediaset) e in Qatar che in realtà ha come elemento comune solo la già citata assenza dell'Italia. Definire i due eventi comparabili da un punto di vista televisivo è materia da comunicati stampa, che appunto devono fare il loro lavoro. Sono tanti infatti, veramente troppi, i fattori che rendono Russia 2018 fin troppo distante da Qatar 2022 per rendere plausibile un paragone effettivo.

Le due competizioni sono andate in scena in momenti dell'anno differenti, quelli in Russia in estate come tradizione, quelli in Qatar per la prima volta in inverno. Questo incide in modo determinante sul pubblico potenzialmente raggiungibile. La platea è di certo più ampia in un periodo dell'anno in cui si tende a stare in casa, anziché uscire e cercare evasione come accade durante la bella stagione.

I numeri favorevoli a Mediaset

E va detto che se gli eventi singoli, in particolare quella della fase finale, sono a favore della Rai in termini di pubblico medio e share, dei dati che vedono il mondiale Mediaset davanti a quello raccontato dalla Rai ci sono. La media della fase a gironi, ad esempio, vede Rai attestarsi a 3.431.342 di telespettatori e il 22.7% di share, contro i 4.149.996 e il 27% di Mediaset nel 2018. Sulla media della fase finale 7.113.814 telespettatori e il 40.4% di share Rai, 7.419.430 e il 43.6% di share per Mediaset. E ancora, la media totale del prime time vede Rai a 6.806.365 e il 31.4% di share per Rai e 7.133.187 e il 34.2% di share per Mediaset.

Ovviamente queste medie che sembrano favorire Mediaset devono a loro volta essere contestualizzate al periodo dell'anno. Se l'estate disincentiva il pubblico a stare davanti alla Tv, per la stessa ragione la Tv è meno propensa a proporre alternative a un evento come i mondiali. Mentre la Rai, anche per una fisiologica presenza maggiore di pubblico che in Tv ha cercato altro rispetto allo sport, durante i mondiali in Qatar non ha sempre trovato la concorrenza soggiogata al dio del calcio. Analisi di confronto improbabile che diventerebbe ancora più complessa se si provassero ad aggregare ai dati televisivi quelli digitali.

Tutto questo per dire che i dati di ascolti, oltre all'aritmetica, contano soprattutto per il racconto che se ne fa e anche i mondiali di calcio, nella loro abbondanza e generosità per le emittente, sono una dimostrazione di questa regola.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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