Antonello Venditti: “La depressione mi portò all’idea del suicidio, mi ha salvato Lucio Dalla”
Ospite della puntata di Domenica In del 17 novembre è stato Antonello Venditti. Il cantante si è raccontato in una lunga intervista con Mara Venier, nella quale ha parlato del suo libro, ripercorrendo la sua vita e la sua carriera e rendendo noti anche momenti particolarmente difficili dai quali, però, è riuscito a venire fuori.
Antonello Venditti e il racconto della depressione
Il cantante romano torna a parlare in maniera dettagliata di un periodo della sua vita che risale agli Anni Ottanta, nonostante fosse nel pieno del suo successo, un malessere lo attanagliava, al punto da non riuscire a venirne fuori e pensare di mettere dine alla sua vita. Ad aiutarlo, però, c'è stato un collega, nonché amico:
Lucio Dalla mi ha salvato, lo sanno tutti. Uno dei problemi della nostra vita è la depressione, che porta alla solitudine e all'idea di suicidio che sembra diventata comune. Lui se ne accorse nel 1980. Non avevo nulla, ma lui capì che io dovevo andare via da Roma. Mi portò a Carimate, a Milano. E li mi ha curato. Mi ha curato anche stare a contatto con altri artisti.
Ad aiutarlo, quindi, è stata la musica e la possibilità di essere circondato da chi come lui condivideva le sue stesse passioni e che è riuscito ad allentare la morsa di questo dolore:
A Carimate c'erano due studi: c'erano De Andrè, Lucio, i Pooh, Pino Daniele… La sera, quando avevamo finito le nostre session, stavamo insieme e ci confrontavamo. L'idea malvagia di farla finita non mi era passata, volevo uccidermi con la macchina. Sapevo guidare talmente bene che non mi è riuscito, non ci ho nemmeno provato.
La ripresa dopo il concerto al Circo Massimo
Venditti ha poi continuato, ricordando un momento in cui ha sentito davvero di potersi rialzare in piedi: "Il mal di vivere mi è passato con l'amore ricevuto, percepito. Sono guarito veramente al Circo Massimo", il cantante parla del concerto del 1983 e aggiunge: "dopo il primo scudetto della Roma. Avevo la sensazione che non ci fosse distonia tra me e gli altri. Io non mi piacevo, non mi accettavo. Tendevo alla perfezione e chi tende alla perfezione spesso è il più fragile".