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Al Bano fa a pezzi l’inno di Mameli, la finale di Coppa Italia si apre con un capolavoro cringe

La partita tra Atalanta e Juventus viene preceduta dalla performance di Al Bano, che esegue l’inno di Mameli a cappella con risultati a dir poco imbarazzanti. Una scelta che ha svilito la solennità del momento, in favore dell’effetto cringe.
A cura di Andrea Parrella
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Se l'intenzione era quella di far riverberare su Tik Tok e social varii il video di Al Bano in difficoltà mentre si lancia in una rivisitazione a cappella dell'inno di Mameli, allora tocca fare i complimenti agli organizzatori della finale di Coppa Italia, perché il risultato è perfettamente riuscito.

Se al contrario l'intenzione era quella di celebrare uno degli eventi sportivi più attesi di questo finale di stagione con la tradizionale esecuzione dell'inno nazionale in una chiave celebrativa, allora si poteva fare una scelta diversa.

L'anno scorso era toccato a Gaia Gozzi il compito di aprire la finale di Coppa Italia, mentre per l'edizione 2023-2024 della competizione, il compito di onorare Atalanta-Juventus è stato affidato proprio all'artista di Cellino San Marco, che ha eseguito una sua versione dell'inno, tentando di modulare l'esecuzione con delle variazioni che gli consentissero di evitare i punti di maggiore complessità vocale. Il risultato che ne è venuto fuori è stato, diciamolo, a dir poco mortificante, con le inquadrature della regia durante la performance dell'artista a immortalare i volti tra il divertito e lo sconcertato di atleti pronti a scendere in campo, allenatori e autorità sugli spalti.

Difficile capire le ragioni di una scelta di questo tipo, non per mancanza di rispetto nei confronti di Al Bano, che resta un artista molto amato, anche per ragioni di mera perseveranza. Ma perseverare può essere diabolico e in questo caso la solennità del momento, cercata anche con l'ausilio delle luci basse nello stadio e il silenzio sugli spalti, è collassata davanti all'esecuzione del cantante. I fuochi d'artificio finali, con l'inquadratura che si muove verso il centrocampo e il silenzio generale con ben pochi applausi hanno completato alla perfezione il quadro di un momento che, con una pratica sintesi che la contemporaneità ci mette a disposizione, è stato un monumento al cringe.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare la realtà che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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