Simone Annicchiarico, figlio di Walter Chiari: “La cocaina? Fu una brutta storia”
A cento anni dalla nascita di Walter Chiari, Simone Annicchiarico ha pubblicato un libro in suo ricordo per Baldini+Castoldi, 100% Walter. In due lunghe interviste promozionali concessa a La Repubblica e a TgCom, il figlio del grande attore lo ricorda così: "Una volta si finse medico e tenne una conferenza acclamatissima. Fu arruolato nella Decima Mas ma disertò. La cocaina? Che brutta storia".
"Mio padre irregolare? Voci uscite dopo la morte"
Sul fatto che fosse definito un personaggio irregolare, Annicchiarico rivela: "Questa cosa credo sia uscita dopo la sua morte, ho iniziato a leggere la definizione di genio irregolare proprio nel 1991. Però se ci pensi non esistono geni regolari: se sei regolare sei normale, ordinario, e quindi non un genio. Che non c'è niente di male, perché poi non è che la storia l'hanno fatta solo i geni, l'abbiamo fatta tutti insieme. Ma se uno dice che uno è un genio, secondo me, è automaticamente un irregolare, assolutamente".
L'uso della cocaina
"Una brutta storia", ha ammesso Simone Annicchiarico sulla vicenda della cocaina che ha riguardato suo padre. In una intervista esclusiva del 1984 alla Domenica del Corriere Walter Chiari rivelò: "Cedetti anch'io al richiamo della droga. Ma non sono mai diventato un tossico né uno spacciatore”. Questo costò il posto in Rai all'attore e conduttore che fu anche invischiato nelle dichiarazioni di un pentito, lo stesso che accusava Enzo Tortora. Fu assolto, ma da quella vicenda Walter Chiari ne uscì molto provato.
I legami più forti
Walter Chiari aveva un grande rapporto con la ‘vecchia guardia' dei comici. Spiega Simone Annicchiarico: "Credo che i legami più forti mio padre li avesse con la vecchia guardia. Lui è uscito a metà tra la generazione dei Totò, Macario, Gilberto Govi e quella di Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Vianello, ma mio padre già a 18/20 anni era capo comico e quindi girava il teatro di rivista ed era molto molto legato ai Macario, ai Totò, ai Dapporto. Forse per questo stava più volentieri con quelli un po' più grandi di lui, ma solo perché lui negli anni 40 faceva la rivista, Sordi o Tognazzi no". E sul libro: "Spero che chiunque legga questo libro possa ritrovare e riscoprire veramente quant'era grande l'Italia e i personaggi che l'abitavano trenta o quarant'anni fa, solo quello".