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Morte di Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi, che cambiò l’Italia con un elettrodomestico

Muore Silvio Berlusconi, un personaggio che ha pervaso le nostre vite, volessimo o no, portando i tasti del telecomando da tre a sei. Prima con Fininvest e poi con Mediaset, è stato amato, invidiato, detestato fino alla nausea, poi riabilitato, eminenza grigia e al contempo star di un mondo a forma di tubo catodico.
A cura di Andrea Parrella
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Morto Silvio Berlusconi non se ne fa un altro. La scomparsa del Cavaliere , all'età di 86 anni, è una di quelle per cui in molti, a ragione, scomoderanno la frase "è la fine di un'era".

Silvio Berlusconi è stato inesorabilmente un'icona della storia recente d'Italia, il possibile dissenso di molti in merito a questa affermazione a conti fatti la certifica. Ha plasmato esistenze, condizionato stili di vita, conversazioni, ambizioni, desideri, speranze, fantasie. Ha sollecitato pulsioni e istinti attraverso l'azione subliminale di un oggetto che ha capito e utilizzato meglio di chiunque altro. La televisione è l'elemento comune di tutte le tappe dell'epopea di Silvio Berlusconi.

Non poteva essere diversamente, per l'uomo che ha usato la Tv per spostare l'immaginario collettivo, più che cambiarlo. È con lui che un elettrodomestico diventa definitivamente strumento di potere e lui ci costruisce un impero, non solo economico. Tutte le parole legate a Berlusconi, in fondo, hanno a che fare con la televisione. Calcio, politica, scandali, tutto trova in quello strumento una matrice di fondo imprescindibile senza la quale tutto il resto non sarebbe esistito.

"Ci si chiude in una stanza al mercoledì e si fa la televisione della domenica", aveva spiegato Berlusconi nel corso di un convegno a Milano del 1984, raccontando l'escamotage che gli ha consentito di eludere i divieti e creare, di fatto, la Tv privata a livello nazionale quando ancora non si poteva: cassette distribuite in tutta Italia e trasmesse in contemporanea su tutte le reti locali, simulando quindi una messa in onda nazionale.

Un juke box preconfezionato di evasione per i telespettatori, gettava le basi per diventare il colosso che avrebbe sfidato il monopolio della Rai, contaminando la Rai stessa. Fu un illecito o fu genialità? Il confine è sottile e fu la stessa politica a bonificare tutto legalizzando la situazione di Fininvest con la legge Mammì, che certificava la nascita del cosiddetto duopolio.

Corteggiare i grandi della televisione con offerte economiche da capogiro fu il passaggio successivo. Mike Bongiorno, Raimondo Vianello, Sandra Mondaini, Corrado, Pippo Baudo (anche se in quel caso non finì benissimo). Berlusconi strappa alla Rai i suoi simboli, trovando in loro i più fedeli alfieri di una battaglia per la "libertà", che inizialmente era di mercato, prima di farsi partito, in una escalation perfetta dell'uso ad personam che Berlusconi ha fatto di quella parola.

La Rai, appunto. La televisione pubblica che dopo Berlusconi ha cambiato completamente i suoi connotati. Mediaset in Italia ha avuto un effetto persuasivo di tale potenza da costringere il servizio pubblico a genuflettersi alle logiche antagoniste, accogliendo il meccanismo degli ascolti legati agli introiti pubblicitari e abbracciando una logica di creazione del prodotto televisivo che si distacca progressivamente dalla funzione didascalica che la Rai aveva avuto nella sua prima stagione di vita. Costretta da Berlusconi? Nient'affatto, incapace semmai di esercitare sul pubblico la stessa influenza di quel modello contrapposto.

Per oltre 20 anni l'Italia è stata imitazione o negazione di Berlusconi, dentro o fuori dallo schermo (c'è davvero differenza?). Gesti, parole, trasmissioni, tutto è accaduto in funzione di un personaggio che è stato idolo o spauracchio. Che ha pervaso le nostre vite, volessimo o no, portando i tasti del telecomando da tre a sei. Amato, invidiato, detestato fino alla nausea, quindi riabilitato, eminenza grigia e al contempo star di un mondo a forma di tubo catodico.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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