Arisa si sente sopravvalutata. Anzi, ad essere corretti, si sente ‘proprio una mer*a‘. Motivo? L'essere stata esclusa dal Festival di Sanremo per due anni di fila, non rientrare nelle grazie di Amadeus e vergognarsi di questo senso di inadeguatezza che la divora. Non vuole mostrarsi in lacrime ad Amici, ma non si trattiene. Sembra voler scomparire, ma anche gridare aiuto.
Arisa crede di essere demodè, un oggetto di antiquariato che a soli 40 anni si sente parcheggiato in vetrina. Un enorme effetto collaterale che deriva da due particolari fattori: la visibilità che accarezza l'ego dei big in eventi unici come Sanremo e la competitività che naturalmente deriva dal sistema di gara e da quel principio di inclusione senza il quale non ci si sente speciali. Sarebbe sbagliato ricondurre la responsabilità di questo disagio a chi non ha scelto Arisa, ma anche colpevolizzare lei per la spiccata sensibilità che renderà impossibile ciò di cui si sta convincendo: far passare di moda la sua voce.
La musica, come l'arte in generale, si alimenta di mondi interiori che possono solo aggiungere. "Un artista vero è fragile e umile", le parole di Angelina Mango, che a soli 21 anni sa bene cosa sta dicendo da quel banco, essendo nata da uno dei più grandi. E invece Arisa traduce l'essere "forte" con l'evitare di mostrarsi nella sua vulnerabilità, pensa di poter andare fiera nel mondo se si anestetizza dalla realtà, arrivando a sentirsi vuota e intoccabile. Niente di peggio per un talento come il suo che si nutre proprio dell'esatto contrario. La capacità di sentire a spettro continuo l'esterno è croce e delizia per cantanti che sono chiamati a maneggiare continuamente i sentimenti, bisogna averne cura.
Voler diventare una dura dovrebbe riportarla al lontano 2009, quando con gli occhialoni e il caschetto geometrico dimostrò che la qualità della merce era talmente alta da poter prescindere il gusto per il packaging. La sua trasformazione stilistica e il desiderio di sentirsi apprezzata, anche fisicamente perché no, fanno parte di un normale processo di crescita ma sono anche il frutto di questo continuo sentirsi indietro, motore del suo dover dimostrare sempre. Perché va bene l'umiltà e il sapersi dosare, ma la distorsione della realtà che porta a sentirsi ormai passati di moda e pronti solo ad accogliere rispetto al dare, può rappresentare un buco nero.
Se Arisa non si sente più in grado di restituire bellezza, come ha appena fatto in questo Sanremo nel medley con Gianluca Grignani, è un problema; se si convince di essere arrivata a un punto in cui deve nutrirsi per osmosi dell'entusiasmo degli esordienti, è un problema; se arriva a schiacciare immagine ed emotività sul fallimento che rappresenterebbe l'essere stata respinta per il secondo anno di fila, è un problema. Non esiste un solo passaggio del suo discorso che non rappresenti il rischio concreto di una dispersione. Qualcosa che non dovrebbe permettersi, che in generale non dovremmo permettere.